Un altro omicidio sul lavoro: di chi la responsabilità? Schiacciato dalle grate dei rifiuti, muore operaio della FEA HERA all'inceneritore di Granarolo

Bologna -

Marco Tarabusi, operaio di Fea, società del gruppo Hera, è rimasto tragicamente ucciso durante alcune operazioni di manutenzione dell'impianto inceneritore del Frullo. Dalle prime indagini si ritiene che stesse lavorando alla pulitura delle griglie che accompagnano i rifiuti al forno.


L’operaio di 40 anni lascia moglie e tre figli ai quali va la nostra solidarietà nel dolore.

NON SONO ACCETTABILI MINIMIZZAZIONI SULL’ACCADUTO
SERVONO PIU’ CONTROLLI E UNA DIVERSA ORGANIZZAZIONE AZIENDALE DEL LAVORO



Come abbiamo già sostenuto in occasione di altri “incidenti” in Hera, è necessario un piano straordinario di verifica delle condizioni di sicurezza sul lavoro che non si limiti al rispetto formale delle norme, ma entri nel merito dell’organizzazione del lavoro e del modello produttivo oggi orientato al rendimento finanziario e speculativo.



Le indagini sono in corso ma come sindacato possiamo comunque affermare che: - da parte di HERA c’è una “sottovalutazione” e un disimpegno sugli aspetti anche ordinari riguardo il tema della salute e sicurezza sul lavoro - questo comportamento è direttamente collegato sia alla costante “attenzione” alla riduzione dei costi, mentre contemporaneamente si procede con operazioni finanziarie e azionarie di dubbia utilità pubblica.



Chiediamo quindi, a chi svolge le indagini, di far piena luce su quanto accaduto, scoprendo tutti i veri responsabili di questa ennesima tragedia.



Che fine ha fatto, ci chiediamo, il tanto decantato, da tutti, OSSERVATORIO PER LA SICUREZZA?


Previsto nell’Integrativo del Gruppo Hera del 24 marzo 2010, dove vi era scritto “il Gruppo Hera considera la sicurezza una priorità assoluta”, quante volte si è riunito questo osservatorio? Cosa ha prodotto?



Le indagini sono in corso, ma se le prime notizie sono esatte, ma ci chiediamo il perché non vi era un meccanismo automatico di arresto, e se vi era perché non ha funzionato: la cosiddetta “sicurezza passiva” non è un optional, e serve appunto per scongiurare quegli incedenti che vengono poi scaricati addosso agli stessi lavoratori come “errori umani”.



La mancanza di ispettori sul territorio, la volontà di non voler investire sui controlli che Ministero del Lavoro, ASL e INAIL dovrebbero compiere in modo continuativo e in modo pressante, l’avidità delle aziende che sottomettono al massimo profitto ogni altro valore, compresa la vita dei propri dipendenti, sono la vera causa dei continui incidenti, molto spesso mortali, di cui sono vittime i lavoratori.

Risparmiateci le lacrime di coccodrillo e per una volta mettete mano ad un serio piano per la sicurezza e vengano individuati i responsabili.