Referendum di Pomigliano: un risultato che lascia aperta la partita con la FIAT e che respinge l'attacco orchestrato da Governo e Confindustria

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Quasi tutti davano per certa la vittoria schiacciante del si al referendum sull’accordo che vuol fare di Pomigliano  un nuovo modello di organizzazione della produzione, che straccia non solo le regole contrattuali, impone condizioni di lavoro durissime, ma annulla diritti inalienabili ed indisponibili dei lavoratori, quali il diritto ad esser pagati in caso di malattia ed il diritto di sciopero.



Un referendum in cui la libertà di espressione è stata pesantemente inficiata dal ricatto: o si fa come dice la FIAT o si chiude e per 5.000 operai, senza parlare dell’indotto, non c’è futuro, in un territorio oltretutto in cui la disoccupazione è lo stato normale per gran parte della popolazione e in cui la  deindustrializzazione ha colpito pesantemente.



IL risultato del referendum parla chiaro: oltre il 36% dei dipendenti ha detto NO, percentuale che sale a quasi il 50% tra gli operai.
Dobbiamo applaudire al coraggio di questo risultato, che restituisce dignità ai diretti interessati ma che parla a tutto il mondo del lavoro, perché a Pomigliano non c’è in gioco solo il futuro della fabbrica, ma la modifica definitiva dei rapporti di lavoro, con la subordinazione alle esigenze della produzione e della competitività, con l’annullamento di ogni forma di opposizione come prefigurazione di un diverso modello di relazioni sociali   autoritario e totalizzante.



Ancora una volta la FIAT ha tentato di dare la spallata finale a quel che resta dei diritti dei lavoratori, già così colpiti da anni di accordi sindacali compromissori, di leggi liberticide,di lacci e laccioli  che avvinghiano i lavoratori e non le aziende, come vorrebbero far credere la Confindustria il Governo, le varie forze  politiche che bivaccano nelle aule parlamentari, veri fannulloni , assenteisti e con una produttività ridicola se rapportata a quella degli altri parlamenti occidentali.



Proprio da costoro sono pervenuti i più pressanti inviti ai lavoratori di Pomigliano a subire il ricatto della FIAT, da loro e dai loro organi di stampa, dalle loro televisioni, dai loro pulpiti. In questo gioco al massacro dei diritti fondamentali, ancorché costituzionali, si è distinta la stessa CGIL che, Epifani in testa, ha spudoratamente sposato la stessa posizione dei sindacati “ firmaioli”, Fim cisl, Uilm uil, Ugl e Fismic.  L’invito a votare per il “si”conferma come la strada imboccata dalla Cgil nel suo recente congresso sia una strada a senso unico, di subordinazione alle scelte padronali sia sotto il profilo dei diritti che di quello economico, come testimoniano gli innumerevoli accordi siglati e che hanno a riferimento la riforma del sistema contrattuale, da lei stessa contestata fino a poco tempo fa.



In questo quadro appare stridente il contrasto tra le pratiche quotidiane di questa organizzazione, di cui l’invito a votare “ SI” è solo l’ultimo esempio, e la proclamazione dello sciopero generale per il giorno 25 giugno. Riteniamo che lo sciopero sia una cosa seria ed il cui uso deve avere una reale finalizzazione, un intento chiaro e comprensibile per i lavoratori. Ci pare paradossale che si condividano le impostazioni di politica economica e sociale che il governo e le associazioni padronali ci propinano quotidianamente e poi si chiamino i lavoratori alla lotta .



Alla luce del voto espresso dai lavoratori di Pomigliano, del coraggio e dalla dignità con cui tantissimi di loro hanno affermato di non essere disposti a subire passivamente la cancellazione dei diritti che loro stessi hanno contribuito a conquistare nel corso della lunga e gloriosa storia di questo stabilimento da tanti hanno conosciuto con il nome di ALFA SUD.




Il pronunciamento di questi lavoratori mette in evidenza la scollatura esistente con le organizzazioni sindacali che hanno puntato una pistola alla tempia di questi lavoratori sostenendo la tesi ricattatoria  di quel padron Marchionne che aveva affascinato anche tanta parte di quella sinistra che oggi resta scandalizzata,non dal ricatto della Fiat ma dal voto dei lavoratori che non hanno voluto cedere a questo ricatto.



L’esito del voto rimescola le carte e ci parla di una opposizione operaia che non è residuale ma al contrario assume dimensioni di massa e sconfessa le stesse ambiguità della Fiom Cgil che non ha voluto cimentarsi apertamente contro la Fiat, limitandosi ad invitare i lavoratori a recarsi a votare ma senza dare alcuna indicazione di voto. Ce ne dispiace perché, forse, la vittoria del no poteva realizzarsi e con essa una vera e propria scossa tellurica nei confronti di un sistema di potere da cui i lavoratori non sono solo esclusi ma di cui sono le vittime sacrificali. La stessa estensione dello sciopero ad 8 ore proclamato dalla Fiom per il giorno 25 giugno ’10 ha il sapore della beffa.



Bene hanno fatto i compagni dello Slai Cobas a decidere di sostenere apertamente il NO, dimostrando così di essere in sintonia con il volere della maggioranza dei lavoratori, anche di quei tanti che pur essendo contrari hanno subito il ricatto Confazienda.
Bene hanno fatto le strutture dell’Unione Sindacale di Base della FIAT di Cassino, della Sevel Castel di Sangro e della FIAT di Mirafiori   ad essere presenti il 22 ai cancelli di Pomigliano con un presidio a sostegno del NO.



Ancora una volta sulla spalle dei sindacati di base ricade una grande responsabilità, quella di evitare che l’effetto di ritorno delle delocalizzazioni si trasformi nell’importazione dei metodi di lavoro e della mancanza di regole e diritti in uso nei paesi dell’est europeo o dei paesi del terzo mondo.

I lavoratori di Pomigliano ci hanno indicato un percorso coerente con la loro storia, e di questa ci faremo interpreti dentro e fuori lo stabilimento, a Pomigliano come nel resto del Paese.