Ex carrozzerie Bertone: un altro ignobile ricatto di Marchionne a cui occorre dire di NO!

Torino -

I lavoratori delle ex carrozzerie Bertone si trovano a dover subire il ricatto che la Fiat ha già esercitato nei confronti dei lavoratori di Pomigliano e di Mirafiori. Una ricetta che se da un lato colpisce profondamente i diritti dei lavoratori, dall’altra non risolve i problemi della Fiat di Marchionne che, a dispetto della voglia di piegare i lavoratori  assoggettandoli ai contratti individuali di lavoro e torcendo lo stesso codice civile alla sua volontà, precipita nelle vendite e mette seriamente in discussione il futuro degli stabilimenti della Fiat auto in Italia.
Se non fosse per la possibilità di scaricare i costi del personale attraverso l’uso sistematico della cassa integrazione la Fiat forse sarebbe già stata spazzata via a causa della più totale assenza di una politica industriale vera, fatta di investimenti, di ricerca ed innovazione, di nuovi modelli da immettere sul mercato. Sembra di essere tornati ai tempi dell’accordo con la G.M., quando la Fiat cessò di investire nel settore auto, pensando di cederlo interamente alla G.M., e dovette poi registrare una caduta vertiginosa delle quote di mercato.
Oggi, al di là delle dichiarazioni, non si vede uno straccio di piano industriale e di un piano di investimenti che lasci pensare ad una possibile ripresa del settore auto nel nostro Paese.
La ricerca spasmodica di accordi ricattatori, come anche i pesanti giudizi nei confronti dei lavoratori che si oppongono alla sua follia restauratrice, con prassi e relazioni industriali che pensavamo si fossero concluse con la fine del ventennio fascista, la sistematica denigrazione e repressione dei sindacati che non sono disponibili ad assecondare questi accordi scellerati, il disprezzo e la critica nei confronti della Magistratura che con importanti sentenze mette in discussione alcuni degli accordi fatti con i sindacati filo padronali quasi voglia cercare il pretesto per addebitare ad altri il disastroso risultato economico e produttivo a livello continentale.
In questo quadro si inserisce la vertenza della Bertone, un'azienda in cui i lavoratori hanno lottato per impedirne il fallimento e rilevata dalla Fiat a prezzi stracciati, una fabbrica di auto vocata a produzioni di elite, di auto personalizzate, dove la differenza viene fatta dalle capacità professionali dei lavoratori, quasi degli artigiani dell’auto, dove imporre i tempi previsti per la produzione di auto di massa sembra quasi la scelta perversa di chi non vuole valorizzare una delle poche eccellenze industriali del nostro Paese.
La promessa di portare alle “Officine Automobilistiche Grugnasco”, nuovo nome della Bertone, un modello di Maserati, subordinandone la produzione all’accettazione del modello Marchionne, minacciando che se venisse rifiutato tale modello l’investimento verrà fatto altrove, ripropone lo scontro già verificatosi a Pomigliano e Mirafiori ed in buona misura esportato a Melfi e alla Sevel di Atessa.
Ripropone uno scontro di civiltà, lo scontro tra la civiltà del lavoro e l’autoritarismo che il più grande gruppo industriale Italiano, vuole imporre come nuovo sistema di relazioni industriali del nostro Paese. In questo contesto non è pensabile lasciare soli i lavoratori di Grugnasco e non dare indicazioni di voto.

Come USB crediamo che questo voto sia importante come quelli che lo hanno preceduto, se non di più. Per questo auspichiamo che dal referendum si affermi con nettezza il NO all’accordo capestro e che intorno a questi lavoratori si stringano tutti i lavoratori ed i democratici che, come noi, pensano che questo referendum possa segnare un decisa inversione di tendenza qualora il NO si affermasse.

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