ALCUNE OSSERVAZIONI SULLA VICENDA DELL'AUMENTO DEI CANONI ATER
A seguito dell’audizione dell’Assessore Regionale alle Infrastrutture e al Territorio da parte del Consiglio Comunale di Trieste sulla questione dell’aumento dei canoni di locazione degli appartamenti ATER vorremmo sottolineare alcune questioni basilari non emerse nella discussione
in Consiglio Comunale.
Vorremmo innanzitutto rilevare che i vari ATER della regione (Pordenone, Gorizia, Udine e Trieste) hanno applicato valori diversi nella determinazione dei nuovi canoni per assegnatari appartenenti alla medesima categoria di reddito ISEE, creando una inaccettabile discriminazione tra i cittadini
della Regione in base alla residenza.
Vorremmo però attirare l’attenzione sopratutto sulla questione della rivalutazione degli appartamenti, che stà alla base della rideterminazione dei canoni. L'ATER di Trieste non ha mai comunicato agli inquilini le modalità dettagliate della rivalutazione, il cui valore catastale sarebbe stato (ma il condizionale è d’obbligo) determinato dall’Agenzia delle Entrate. Dai dati a noi
disponibili parrebbe però che il valore catastale corrisponda in realtà a quello commerciale, per di più determinato senza tenere conto delle riduzioni da applicare in base alla vetustà delle abitazioni, alla loro qualità costruttiva, ai servizi presenti in zona. Il dato sostanziale è però che le abitazioni
gestite dall’ATER non sono state costruite come abitazioni commerciali, bensì come abitazioni popolari (oggi definite come abitazioni sociali) e a costi non commerciali, visto che sono state costruite con fondi e finanziamenti pubblici, in gran parte su terreni non residenziali (e quindi di costo minore), spesso espropriati e frequentemente messi a disposizione gratuitamente dalle
amministrazioni pubbliche. Lo scopo era quello di garantire abitazioni a prezzo contenuto alle fasce sociali più svantaggiate della popolazione, come pure quello di calmierare il mercato commerciale delle abitazioni. Il carattere non-commerciale delle abitazioni in questione è confermato anche dalle modalità di accesso alle stesse, che non avviene per libera contrattazione
sul mercato, bensì in base a graduatorie stilate sulla base di parametri legati al reddito, alla composizione del nucleo familiare, ecc. Il fatto che ora si prenda a base per la rideterminazione dei canoni il valore commerciale appare quindi scorretto e volto al solo scopo di “fare cassa”, come dice esplicitamente la Delibera del Direttore Generale dell'ATER di Trieste n° 41 del 29/12/2016,
che afferma che “…. risulta congruo ed opportuno operare al fine di rendere possibile l'obiettivo di un gettito da canoni per il 2017 ammontante complessivamente a 18.000.000,00….”. Un fare cassa che stante le modalità con cui si è proceduto, la “scarsa” manutenzione delle abitazioni ATER esistenti e la altrettanto scarsa attività di costruzione (o recupero) di nuove abitazioni non pare destinato a offrire alloggi decenti a prezzi accessibili al numero sempre crescente di persone e famiglie in difficoltà economica. Se a ciò aggiungiamo che gli inquilini potranno si ancora riscattare gli alloggi in cui abitano, ma a valore commerciale, senza alcuna riduzione per i canoni
versati fino all’acquisto. E se gli inquilini non saranno in grado di comprarli, potranno farlo soggetti estranei. Ed ecco eliminato il patrimonio edilizio pubblico, nato, ripetiamo, proprio per calmierare i prezzi degli alloggi e garantire alloggi decenti a tutti. Costringendo così chi ha bisogno di una casa
a ricorrere al mercato, al massimo contando su qualche sussidio per consentirgli di poter pagare l’affitto. Con un trasferimento di soldi pubblici dalla costruzione di alloggi pubblici a prezzi decenti al finanziamento della speculazione sul bisogno di abitazioni da parte dei costruttori privati.