Articolo 18 e non solo: siamo alla resa dei conti
Dopo due mesi di incontri formali ed informali  e, soprattutto, di schermaglie sugli organi di stampa, il confronto tra  Fornero, Marcegaglia, Camusso, Bonanni e Angeletti sul mercato del  lavoro, ammortizzatori sociali e articolo 18 sta per avere in questi  giorni una forte accelerazione.
Le notizie che emergono non sono  affatto chiare e non sembrano ad oggi disegnare un impianto certo di ciò  che sarà poi messo nero su bianco e poi sottoscritto.
L'articolo  18 continua ad essere oggetto di forte interesse della Confindustria e  del Governo e sembrano prospettarsi “soluzioni” di vera e propria  modifica, mascherate da ipotesi articolate e poco chiare, come quella  che lascerebbe al giudice la facoltà di decidere il reintegro o  l'indennizzo economico.
Sia questa od altra la proposta che emergerà  dal confronto, di certo si tratta comunque di una modifica assolutamente  inaccettabile che mette in seria discussione uno dei pochissimi  strumenti rimasti a tutela dei lavoratori e che inizialmente sarà  applicata per i nuovi assunti e subito dopo per tutti.
Lo ribadiamo,  la modifica, anche parziale, dell'art.18 significa sostanzialmente  sottrarre potere al movimento dei lavoratori, ridurre la tutela del  diritto e aumentare il ricatto delle aziende nei confronti di chi  dissente e più in generale dei lavoratori.
La “flessibilità in  uscita”, come ormai viene tradotta la “libertà di licenziare”, non è la  sola richiesta di Governo e Confindustria. Anche la “flessibilità in  entrata” diventa elemento di trattativa: anche in questo caso si cerca  di mascherare la maggiore liberalizzazione delle assunzioni con una  fittizia riduzione delle tipologie contrattuali precarie. Di fatto si  sta cercando di far passare per riduzione di precarietà la  precarizzazione definitiva del lavoro in entrata attraverso  l'applicazione del “rapporto di apprendistato” per tutti.
Infine,  la cosiddetta riforma degli ammortizzatori sociali rappresenta quanto  di più ambiguo si possa oggi pensare. Di fatto si vogliono mescolare le  carte, ridefinire e chiamare con altro nome la cassa integrazione e  l'indennità di disoccupazione, ma i soldi per fare questa operazione,  soprattutto in una fase di estrema crisi come l'attuale, sono meno di  quelli impiegati con le norme attuali.  
In pratica si riversa  nuovamente sui lavoratori, soprattutto su quelli di aziende che chiudono  o che si ristrutturano, il peso ed i costi della crisi, mentre si  regalano soldi alle aziende e si prestano soldi alle banche con  interessi ridicoli che permettono poi alle stesse banche di investire  sul debito pubblico e ricavarne guadagni enormi.
In tutto ciò  emerge con forza il ruolo “collaborativo” di Cisl e Uil che in parte si  sono tenute sino alle elezioni delle RSU del pubblico impiego, ma che  ora accelerano e stanno facendo di tutto per raggiungere un accordo. La  Cgil è come al solito estremamente ambigua. Pressata da Cisl e Uil da  una parte e dal PD dall'altra, vuole trovare assolutamente un accordo  per evitare un nuovo isolamento, ma deve necessariamente fare i conti  con le contraddizioni che ormai sono più che evidenti anche al proprio  interno.
Dopo lo sciopero generale del 27 gennaio, USB ritiene  che le mobilitazioni devono necessariamente continuare. Il risultato  positivo delle elezioni delle RSU del pubblico impiego e il crescente  interesse dei lavoratori nei confronti del nostro sindacato, ci spingono  a costruire in modo sempre più forte ed articolato una iniziativa che  punti al rafforzamento dell'opposizione ed alla lotta sui singoli posti  di lavoro e sulle tematiche di carattere generale.
In questa ottica  riteniamo fortemente significativo l'appuntamento per la manifestazione  nazionale indetta insieme a molte altre realtà sociali e sindacali a  Milano per sabato 31 marzo.
 
							     
					 
							 
							 
							 
						 
				 
									 
    
			 
						 
    
			
		
	
 
    
			