COOP: LA LETTERA DELLE LAVORATRICI A LITTIZZETTO FOTOGRAFA LA REALTÀ. AZIENDA COLGA OCCASIONE PER DISCUSSIONE TRASPARENTE

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La smentita del gruppo Coop in merito a quanto dichiarato delle lavoratrici nella lettera indirizzata a Luciana Littizzetto, suona paradossalmente a conferma di quanto denunciato dalle dipendenti.
 

L’azienda mette in rilievo il numero dei contratti a tempo indeterminato, ma non fa riferimento al diffusissimo uso del lavoro part-time che nella stragrande maggioranza dei casi non certo è una libera scelta della lavoratrice, ma è l’unica opportunità per poter essere assunta. Part time a cui vengono applicate le clausole flessibili ed elastiche, che non consentono una pur minima organizzazione dei tempi di vita e non permettono di cercare un altro lavoro per avere un reddito dignitoso.
 

In questo quadro la condizione tipica di una cassiera di ipermercato è quella di 20 ore di lavoro settimanali, con 625/700 Euro di salario mensili, come è dimostrabile dalle buste paga delle lavoratrici.
 

Relativamente alla sproporzione tra ruoli dirigenziali occupati da personale maschile in una azienda dove è prevalente la presenza delle donne, il problema si avverte man mano che si sale nella gerarchia. Infatti ai vertici le percentuali fornite dalla Coop si assottigliano e le donne spariscono quasi del tutto. Prendiamo due esempi: nelle 9 grandi cooperative del sistema Coop ed in Coop Italia tutti i presidenti sono di sesso maschile. Se prendiamo poi a riferimento il sistema cooperativo della regione Campania, riscontriamo che l’Amministratore Delegato è un uomo e i direttori dei tre Ipermercati e dei due Supermercati sul territorio sono tutti e cinque uomini.

 

Relativamente al tema delle molestie sono documentabili casi che confermano quanto denunciato nella lettera. Peraltro sappiamo bene che in questo campo i casi denunciati sono la punta dell’iceberg, difficile  da combattere perché in assenza di prove la denunciante rischia il licenziamento.  Inoltre con la parola molestie le lavoratrici non hanno fatto riferimento esclusivamente a quelle di tipo sessuale, ma a comportamenti che generano sensazione di disagio o di fastidio fisico o morale.

 

La fotografia che emerge dunque dalla lettera delle lavoratrici Coop è purtroppo realistica. Invitiamo pertanto l’azienda a non nascondere la polvere sotto il tappeto, ma a cogliere l’occasione fornita da un gruppo di dipendenti coraggiose per riaprire la discussione, trasparente e democratica, sul futuro della cooperazione nella grande distribuzione nel nostro paese.