Crisi Wartsila: nazionalizzare ora si deve. Giovedì 21 sciopero e manifestazione a Trieste
A Trieste il rischio è quello di un’ecatombe soprattutto industriale: oltre al lavoro diretto prodotto dalle industrie in “crisi” - Wartsila, Flex, Principe - c'è da valutare le pesantissime e gravissime ricadute su tutta la filiera industriale, le forniture e ovviamente le ditte presenti nell'indotto che per decenni, in un quadro di dismissione complessiva e continue ristrutturazioni si sono adeguate alla bell’e meglio, agganciate al quadro della mono-committenza quasi imposta dalle grandi multinazionali presenti su questo territorio.
Un quadro industriale così ampio e numericamente importante da aver bisogno di tutele e garanzie, finalizzate ad impedire lo "sfoglio della margherita", il quadro di continue ristrutturazioni e le delocalizzazioni che abbiamo imparato a conoscere soprattutto grazie alla Flex (stabilimento già Alcatel)
In Italia, sul caro vecchio sistema capitalistico non occorre che la politica locale cada dalle nubi sui perché e sui percome: GKN, Whirpool, Giannetti Ruote, Bekaert, FCA, Embraco, Alcatel e tutte le altre (sono più di 700!) sono state l'esempio lampante di quello che serviva per difendere il sistema paese dall'aggressività delle multinazionali, dallo smantellamento delle grandi fabbriche e dell'intero sistema paese.
Il modello industriale italiano si è consolidato sulla base di un sistema in cui lo Stato è visto soprattutto come una mucca da mungere quando c'è da garantire i livelli occupazionali. Questo sistema nei fatti è capace solo di rallentare la crisi, di innestare una rete lunghissima e terribile di ammortizzatori sociali, garantire incentivi, sgravi e aiuti di stato: ma quando la multinazionale decide di andarsene, se ne va e basta, lasciando il territorio a raccogliere i cocci del dramma sociale.
Per questo continuiamo a pensare che la politica debba finalmente assumersi la responsabilità di dirci chiaramente quale sia l'idea ed il modello che intendono dare allo sviluppo industriale di questo Paese.
Di fronte a tanta arroganza e spregiudicatezza non deve essere più un tabù l'idea di un intervento di stato nei settori e nelle aziende strategiche del Paese. Non deve essere più un tabù parlare di esproprio dei beni dove un'azienda vuole scappare dopo aver fagocitato know-how, fette di mercato e ovviamente soldi pubblici.
Dobbiamo immaginare nuovamente la capacità del nostro Paese a riformulare politiche industriali degne di questo nome, intervenendo direttamente nell'economia, agendo anche attraverso forme di penalizzazioni pesanti nei confronti di queste aziende farabutte. C'è una legge contro le delocalizzazioni che è rimasta al palo.
Wartsila insomma va nazionalizzata. Stessa cosa vale anche per Flex: abbiamo a che fare con un futuro complesso dove dovremmo ragionare su delle modifiche strutturali, dei cambiamenti enormi (soprattutto ecologicamente sostenibili) del metodo di produzione. Questo non è possibile farlo lasciando che il privato e le multinazionali determinino per noi le politiche industriali necessarie per affrontare questo cambiamento.
Per quanto riguarda Trieste e non solo, crediamo che tutte le forze politiche e sindacali dovrebbero convergere su questo obiettivo e su queste "parole d'ordine", se non vogliamo che questa vertenza si trasformi nell'ennesima agonia industriale a cui siamo fin troppo abituati qui in Italia. Non lasciamo che accada anche a Trieste, ragioniamo complessivamente e strutturalmente, con la ricerca, l'università, le strutture logistiche ed il porto. Facciamo ripartire l'economia e l’industria e soprattutto organizziamoci e lottiamo se questo non avviene.
USB ha proclamato per oggi, 21 luglio, lo sciopero generale di tutto il settore privato di Trieste e invita la cittadinanza a partecipare alla manifestazione promossa dalle organizzazioni sindacali in
PIAZZA UNITÀ D’ITALIA
GIOVEDÌ 21 LUGLIO ALLE ORE 15,15
USB Federazione Provinciale di Trieste