La Corte di Giustizia europea santifica la normativa del Jobs Act sui licenziamenti
Che l'Unione Europea, con le sue strutture burocratiche mai legittimate dal voto popolare, si comportasse come una matrigna nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici era chiaro a tutti ma, ce ne fosse stato bisogno, a ricordarcelo arrivano sempre più spesso pronunciamenti dalla Corte di Giustizia UE in materia di rapporti di lavoro.
È il caso dell'ultima sentenza, emessa mercoledì 17 marzo relativa al caso di un dipendente della Consulmarketing SpA licenziato nel 2017 insieme ad altri lavoratori, 350 in tutto. I licenziamenti furono ritenuti illegittimi dal Tribunale di Milano per 349 di loro, che furono reintegrati, tranne l'unico che era stato assunto a tempo indeterminato dopo l'entrata in vigore del Jobs Act, a marzo del 2015.
Questo lavoratore per le abominevoli norme contenute in questa legge ha diritto, in caso di licenziamento riconosciuto illegittimo, solo ad una indennità calcolata sull'anzianità lavorativa.
Discriminazione palese derivante da quella devastante serie di norme contenute appunto nel Jobs Act, con cui si attuò un altro decisivo passo nella demolizione dell'art. 18 e in generale di altre parti della Legge 300/70, lo Statuto dei lavoratori.
Un altro dei preziosi regali che l'allora presidente del Consiglio, il prode Renzi, fece ai padroni di casa nostra.
La Corte Europea ha risposto al quesito del Tribunale di Milano che chiedeva "se il diritto dell'Unione Europea osti ad una simile normativa". Ma quando mai, ha risposto la Corte europea, e amen.
Cosa aspettiamo ancora a comprendere la necessità, sempre più cogente, di rompere la gabbia dell'Unione Europea?
Unione Sindacale di Base Lavoro Privato
Roma, 17/3/2021