Leroy Merlin e Gls, intimidazioni e aggressioni di Si Cobas non fermeranno Usb

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Nel corso della scorsa settimana, i facchini di USB sono scesi in lotta in due occasioni: al magazzino Leroy Merlin di Castel San Giovanni hanno scioperato per rivendicare un regolare contratto dopo un licenziamento non comunicato e una riassunzione un po' opaca e un po' farlocca, per richiedere la stabilizzazione di tutte le figure precarie come previsto in un accordo stipulato alcuni mesi fa, ma non ancora rispettato, per ottenere il pagamento di malattia e infortunio al 100%, per il buono pasto, per equi carichi di lavoro.


All'hub GLS di Montale i lavoratori che avevano denunciato la pratica illegale del lavoro nero sono saliti sul tetto in occasione della chiamata di nuovo personale sentendosi discriminati e chiedendo che si assumessero stabilmente tanto i nuovi entrati che loro poiché il lavoro c'è, evidentemente, per tutti.
In entrambi i casi i rappresentanti locali di Si Cobas non hanno trovato di meglio che attaccare in modo violento (non solamente verbale) gli scioperanti diffamandoli con l'accusa di voler far assumere parenti e amici quando in realtà si tratta di persone che già lavorano o hanno lavorato con contratti precari.


Le intimidazioni, purtroppo anche fisiche, non ci fermeranno e non arresteranno la volontà dei nostri delegati, degli iscritti e non di Leroy Merlin e GLS di veder riconosciute le loro richieste e rispettati diritti e dignità.
USB denuncia il carattere infamante e dissimulatorio delle affermazioni dei rappresentanti locali di Si Cobas e rende pubbliche alcune registrazioni loro imputabili nelle quali in maniera esplicita rivendicano di aver fatto assumere all'interno di un magazzino centinaia di persone, di aver i capi squadra e impianto iscritti al loro sindacato, di poter usare addirittura altre sigle sindacali per i loro scopi, insomma di poter decidere della durezza o meno delle condizioni lavorative dei dipendenti.


Nella storia del movimento operaio i sindacati di classe non hanno mai rivendicato queste pratiche, ma le hanno combattute con fermezza perché hanno un solo spregevole nome: caporalato.



p. USB Riadh Zaghdane e Roberto Montanari