Musei civici di Milano, Slang USB: finestra sul futuro o vetrina di precarietà?
Da ormai diversi mesi i lavoratori e le lavoratrici dei musei civici di Milano, impiegati in appalto di biglietterie e sale con contratto multiservizi, portano avanti un percorso di lotta e sciopero per rivendicare un miglioramento immediato delle proprie condizioni di lavoro e l’applicazione in prossima gara d’appalto del contratto Federculture. Dall’ultimo sciopero si è ottenuta l’apertura di un’interlocuzione con la parte datoriale in appalto mentre ancora nessuna garanzia o volontà d’incontro è giunta dal comune di Milano.
Determinati e determinate ad essere ascoltati i lavoratori e le lavoratrici hanno indetto un’assemblea pubblica di fronte a palazzo Marino nella giornata di venerdì 12 luglio alle ore 15.00 e proseguiranno con uno sciopero congiunto di sala e biglietteria che si terrà domenica 14.
Mentre il sindaco Beppe Sala ad aprile definiva in apertura del salone del mobile la città di Milano come “una finestra sul futuro” ad oggi le condizioni dei lavoratori in appalto del comune sembrano parlare più di una vetrina della precarietà: le condizioni per chi lavora continuano a essere caratterizzate da un contratto errato e povero come il multiservizi, da part time involontari e condizioni di sicurezza inadeguate. Nel contempo Milano si prepara alle Olimpiadi Invernali 2026 e nel recente rinnovo Feder alberghi si utilizza proprio questo evento per giustificare le proroghe di contratti a termine superiori ai 12 mesi, una finestra sul futuro decisamente sbarrata.
È importante ricordare al comune di Milano che vanta di essere una città d’avanguardia dei servizi e del processo di terziarizzazione dell’economia che sono i lavoratori e le lavoratrici in appalto a garantire il diritto a centinaia di migliaia di visitatori di poter entrare nei musei e godere del patrimonio pubblico che appartiene a ciascuno di noi; lavoratori che in cambio ricevono la precarietà di un contratto povero come il Multiservizi con cui è difficile garantirsi una sopravvivenza dignitosa (elemento già sottolineato da diverse sentenze di cassazione), soprattutto in una città come Milano dove il costo della vita è altissimo.
Il settore della Cultura ha generato nel 2023 un fatturato di 599 milioni di euro (si parla di 11 miliardi entro 2028), cifre da capogiro che devono essere redistribuite con chi questa ricchezza la produce. La vertenza di Verona, dove proprio in questi giorni sono stati resi pubblici i nuovi bandi, ha dimostrato che con la lotta l’ottenimento del Federculture è possibile, lì dove si costruisce un’alternativa ai sindacati complici CGIL, CISL e Uil e si decide di mettere in discussione lo status quo di un settore massacrato da privatizzazioni ed esternalizzazioni.
Non faremo alcun passo indietro e continueremo a lottare per migliorare le condizioni di lavoro e obbligare istituzioni e datori a redistribuire la ricchezza che produciamo. Schiavi mai. Schiave mai.
Slang USB