Parte la ristrutturazione all'Ilva: USB non firma! È ora di mobilitarsi!

Nazionale -

È finito il teatrino dell’ipocrisia nella discussione sulla procedura avviata dall’azienda per la collocazione di circa 3300 lavoratori in cassa integrazione. È finito con la sottoscrizione da parte di fim-fiom-uilm e azienda di un accordo che rappresenta il primo concreto passo verso la ristrutturazione che si preannuncia per la più grande acciaieria d’Europa.
L’accordo sancisce la presunta non praticabilità della proroga del contratto di solidarietà, incrementando il peso degli ammortizzatori sociali per parte rilevante dei lavoratori e introducendo, nei fatti, la cassa integrazione a zero ore per altri 800, dichiarati non ricollocabili, a ridotte capacità lavorative e/o dotati di professionalità “incoerente”.
Sebbene sia stata confermata l’integrazione salariale al trattamento di Cigs, non è stato possibile definire nessun percorso che salvaguardi davvero i livelli occupazionali.
Le pressanti rassicurazioni da parte del viceministro e dell’azienda sul fatto che non vi sono esuberi è contraddetta da un accordo che identifica aree e lavoratori in eccesso. Rassicurazioni non credibili.
La stessa volontà di ricorrere alla formazione, anche con il finanziamento della Regione Puglia, non rappresenta in alcun modo una garanzia di immediata o futura ricollocazione per i lavoratori interessati ma appare più che altro come una semplice riduzione del danno.
Come USB abbiamo proposto, inascoltati, di prorogare il contratto di solidarietà alle medesime condizioni e di modificare radicalmente il quadro occupazionale e produttivo delineato dai commissari.
La due giorni ministeriali ha rimosso tutte le questioni di fondo che sono state poste da USB, e non solo , per ridursi infine a discutere di numero dei lavoratori da porre in cassa e rotazione.
La gestione commissariale si predispone così, nel peggiore dei modi, ad affrontare le condizioni che saranno dettate dalle due cordate imprenditoriali il prossimo 3 marzo.
Ilva, i lavoratori, i tarantini e la città rischiano di tornare ad essere oggetto di nuovi profitti privati, di nuove speculazioni senza scrupolo. Come insegna la vicenda di Piombino, anch’essa frutto di un accordo sindacale osannato da governo Cgil Cisl Uil, senza un intervento pubblico che assuma direttamente la proprietà di Ilva mettendo al centro la salute, l’ambiente, il reddito  e l’occupazione il destino appare segnato.
Nazionalizzare Ilva quindi, per impedire che i privati facciano nuovo profitto lasciando sul terreno  veleni e disoccupazione a carico della collettività.
Per queste ragioni non abbiamo sottoscritto l’accordo e ora, in rapporto con i lavoratori, decideremo le forme della lotta contro la ristrutturazione.
Il paese declina, le industrie licenziano. Serve una grande mobilitazione dei lavoratori delle aziende in crisi.
NOI NEL TEATRINO DELL’IPOCRISIA NON CI STIAMO !!!