Settore Assicurativo. CCNL ANIA: una piattaforma di rinnovo deludente che guarda alle esigenze delle imprese del settore assicurativo e poco alle lavoratrici ed ai lavoratori.
Non c'è nulla di più sbagliato a livello sindacale, quando si vanno a rinnovare i CCNL, di fare finta che nulla sia accaduto prima.
È quello che purtroppo abbiamo riscontrato nella piattaforma per il rinnovo del CCNL ANIA che le Organizzazioni Sindacali firmatarie stanno presentando, in questi giorni, nelle assemblee del settore assicurativo.
Innanzitutto, ricordiamo che il CCNL è scaduto il 31/12/2024 e il ritardo nella presentazione della piattaforma ha già generato una vacanza contrattuale di 10 mesi, come già avvenuto nel triennio 2020-22, che era stata compensata da un'erogazione una tantum di 2000 euro (di cui 600 euro in welfare) che nemmeno si era avvicinata a recuperare il reale potere d'acquisto delle retribuzioni.
Nel triennio di vigenza 2022-24 si ottenne un aumento di 200 euro lorde in 3 trance (di cui l'ultima erogata a dicembre 2024), per un recupero complessivo pari al 9%, a fronte di un’inflazione certificata pari a circa il 18% nel triennio.
Una perdita di potere d'acquisto certificata, che conferma l'inefficacia del modello contrattuale basato sull'IPCA NEI, depurato dei costi dell'energia importata, che in questi anni ha fatto la differenza nell'erosione del potere d'acquisto delle retribuzioni.
Esiste un altro indice per calcolare l'inflazione, il FOI (indice dei prezzi al consumo per i lavoratori dipendenti), con un paniere molto più vicino alla realtà, seguendo il quale la richiesta economica dovrebbe essere complessivamente superiore ai 330 euro richiesti, se si vuole realmente recuperare il potere d'acquisto reale.
Di conseguenza, la richiesta di aumento di 330 euro in 3 anni, anche qualora lo si ottenesse per intero, non basterebbe a recuperare nemmeno minimamente quanto perso negli anni precedenti, in un contesto di aumento considerevole della redditività e dell'utile netto delle imprese del settore negli ultimi anni, di cui il Gruppo Unipol ne è un esempio lampante. Insignificante la richiesta di riduzione d'orario di 1 ora su base settimanale, senza nemmeno indicare la parità di salario, a maggior ragione con il ricorso sempre più massiccio all'IA nei processi produttivi aziendali.
Non si tratta di una riduzione d'orario di lavoro in realtà, ma di un'articolazione dell'orario che non porta alcun beneficio reale alla conciliazione del tempo di lavoro e tempo di vita, a differenza di una proposta che vada nella direzione delle 32 ore a parità di salario su base settimanale, che porterebbe benefici anche in termini di produttività e calo dell'assenteismo.
Lodevoli sicuramente le richieste di introdurre miglioramenti sul tema dei diritti civili o nel caso della Polizza Nat. Insufficienti le proposte per migliorare la condizione nei Contact Center. Ma vengono elusi temi cruciali quali:
- rivisitazione degli inquadramenti con le dovute integrazioni dei profili e dei percorsi di crescita (stante l’evoluzione del settore assicurativo);
- contrasto alle diverse esternalizzazioni già esistenti nel settore assicurativo e garanzie di mantenimento/estensione della forza lavoro addetta al settore;
- esigibilità dello strumento Smart Working, demandato alla sola contrattazione di secondo livello che nel Gruppo Unipol si traduce nella decisione aziendale di mancata possibilità di utilizzo;
- contrasto della precarietà del lavoro, con misure già presenti nel CCNL largamente insufficienti e a fronte delle novità peggiorative del quadro normativo introdotte dal governo Meloni.
Una piattaforma in sostanza insufficiente per invertire il paradigma nel settore, tutta interna alla logica chiusa delle relazioni sindacali che ha come scopo quello di salvaguardare rendite di posizione, consolidate negli anni, a scapito degli interessi delle lavoratrici ed i lavoratori, che meriterebbero molta più attenzione, in quanto rappresentano la vera colonna portante del settore assicurativo.
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