Tim, tra il dire e il fare c'è di mezzo...
Il tanto decantato cambio di passo promesso in campagna elettorale del nuovo Governo Meloni, appare ormai sgonfiarsi, compresso la nazionalizzazione della rete di TIM/OPEN FIBER, mentre il fondo americano KKR ha presentato la propria offerta, creando così una notevole apprensione per il futuro di un’infrastruttura strategica per lo Stato.
In un quadro non meglio definito sulle prospettive dell’assetto azionario di TIM, nonché in attesa della concretizzazione del piano industriale proposto dall’AD Labriola, resta ancora da comprendere cosa realmente voglia fare il Governo di Giorgia Meloni per il rilancio del settore delle telecomunicazioni, a cui è strettamente connesso il futuro di TIM.
Quotidianamente nella lettura dei cosiddetti rumor riguardanti la possibile Govarnence futura di TIM, ci si rende conto di come ormai l’azienda sia preda di fondi di investimento, principalmente stranieri, con l'unico obiettivo di speculare su quel che resta del suo patrimonio infrastrutturale, visto che da tempo è in piena crisi sul piano finanziario.
Crisi finanziaria e di liquidità sottolineata dalla recente necessità della collocazione dei TIM Bond a 5 anni per un valore complessivo di 850 milioni di euro non solo per sostenere il piano di investimenti, ma principalmente per rifinanziare il debito già esistente. Secondo alcune agenzie specializzate, i tassi di interesse sul nuovo debito saranno probabilmente superiori al debito ritirato, con un impatto negativo sul flusso di cassa.
Cosa aspettarsi dopo lo stop da parte del Tesoro a CDP nel rivedere la proposta da oltre 18 miliardi, secondo noi niente di buono, considerato che CDP e i rappresentanti istituzionali della premier Giorgia Meloni, incalzati dalla nuova offerta non vincolante per l’acquisto della rete da parte del fondo statunitense KKR, appaiono molto più impegnati nella ricerca spasmodica di un compromesso per la salvaguardia degli interessi finanziari principalmente stranieri.
Alla luce di quanto accaduto con la privatizzazione di un servizio pubblico come le tlc, dopo la semi-nazionalizzazione dell’infrastruttura della rete (Netco), sempre se andrà in porto, ci sarà la cannibalizzazione di quello che rimane dell’azienda dei servizi da parte dei fondi.
Inoltre, bisogna anche considerare che l’attuale interesse da parte dei fondi internazionali per TIM deriva principalmente dall’attenzione per i fondi nazionali ed europei (fondi ordinari e PNRR) per la digitalizzazione del paese delle Aree grigie e bianche (a fallimento di mercato). Una volta terminati questi progetti cosa accadrà?
Per noi di USB, l’unica strada percorribile è quella di riportare sotto il controllo pubblico l’intera azienda e la risoluzione definitiva dei vincoli regolatori del settore, artefici di una iper-competizione negativa, a scapito del costo del lavoro, specialmente per le società in appalto, così da poter utilizzare tutte le competenze presenti e utili per accelerare il cablaggio del paese.
Per noi di USB, l’unica strada percorribile è quella di riportare sotto il controllo pubblico l’intera azienda e la risoluzione definitiva dei vincoli regolatori del settore, artefici di una iper-competizione negativa, a scapito del costo del lavoro, specialmente per le società in appalto, così da poter utilizzare tutte le competenze presenti e utili per accelerare il cablaggio del paese.
Una soluzione semplice che garantisce i perimetri occupazionali e risolve il problema del futuro delle telecomunicazioni e dello sviluppo del sistema industriale del paese.