Mentre a causa della  crisi in due mesi 500 negozi hanno chiuso, ogni giorno 10 esercenti  cessano l'attività, i saldi sono stati un disastro ed il settore  alimentare è in difficoltà, apprendiamo dalla stampa che è stato rivisto  al rialzo il piano del commercio, già sovradimensionato rispetto alle  capacità di acquisto dei cittadini romani, che tra crisi, carburanti  alle stelle, aumenti dei trasporti pubblici e inflazione galoppante,  rischiano, loro si, il default.
 
Nella capitale ci  sarebbe oltre il 20% di incremento di medie e grandi strutture di  vendita rispetto agli schemi mostrati a giugno al tavolo di confronto  con le parti sociali, che già rappresentavano un’enormità, numeri che si  aggiungono ai 16 megastore che dovranno essere approvati, licenziati  dalla precedente amministrazione.
 
Il tutto si va a sommare  alla liberalizzazione degli orari di apertura e di chiusura degli  esercizi commerciali contenuta nel decreto del governo Monti, noto come  “salva Italia”.
 
La proliferazione di  centri commerciali e la completa deregolamentazione delle attività  commerciali non porterà alla crescita economica, ma solo all’inasprirsi  di una crisi che già da diverso tempo sta affliggendo il commercio,  aggiungendo un ennesimo tassello al puzzle di precarietà, basso salario,  difficoltà nella vita di relazione e degli ormai pochissimi diritti per  oltre due milioni lavoratori del settore.
 
Mentre qualcuno  raccoglie firme con la mano destra e contratta le aperture con la mano  sinistra, USB lavoro Privato sostiene da tempo che  l’aumento delle  grandi superfici commerciali sommato all’apertura ventiquattro ore al  giorno e per tutto l’anno  non sarà sostenibile per le piccole e medie  imprese, che capitoleranno nei confronti della grande distribuzione  organizzata e che l’innalzamento dei costi di gestione delle strutture  sarà inevitabilmente scaricato sul costo del lavoro, visto che gli altri  costi (come l’energia, le merci, i trasporti), sono più o meno uguali  per tutti. 
 
In sostanza a pagare  saranno, come al solito, i lavoratori del settore, in favore dei  profitti delle grandi multinazionali del commercio e della lega delle  cooperative.
 
 
USB Lavoro Privato è  dunque pronta a rilanciare le mobilitazioni nel settore per rimettere al  centro la difesa e la riconquista del CCNL, dei diritti, del salario  e della democrazia sindacale.