Vigilanza e Servizi fiduciari, un esercito sottopagato
In Italia i lavoratori della Vigilanza e dei Servizi Fiduciari sono circa 70.000, sebbene si tratti di una cifra sottostimata. Sono distribuiti in oltre 1.500 imprese, più della metà delle quali ha meno di 10 dipendenti. Spesso non si tratta di una casualità, bensì di una scelta operata dalle aziende per sottrarsi a una serie di obblighi e vincoli legislativi e contrattuali. Di contro, la frammentazione del settore si traduce in una perdita costante per i lavoratori, sia sul piano delle garanzie occupazionali che sul piano dei diritti sindacali.
Non a caso, nell’ultimo decennio i lavoratori sono stati sempre più spesso impiegati anche nelle pubbliche amministrazioni che, con la scusa dei tagli alla spesa pubblica e al blocco delle assunzioni, hanno appaltato ai privati molteplici servizi come vigilanza, facchinaggio, segreteria e portierato.
Anche nel settore privato si è registrata una forte espansione, con un aumento dell'impiego di questi lavoratori in molti servizi strategici come la vigilanza negli aeroporti, nei porti, nelle stazioni ferroviarie e nelle grandi aziende. Ma a quali condizioni?
Soprattutto negli enti pubblici la regola degli affidamenti al massimo ribasso ha scaricato tutto il risparmio operato dalle aziende appaltatrici sulla manodopera. Con la complicità di Cgil, Cisl e Uil, sono stati sottoscritti contratti al ribasso dove i lavoratori devono garantire la massima disponibilità ed elasticità pur di vedersi corrispondere qualche indennità aggiuntiva che gli consenta di raggiungere un salario pressoché dignitoso.
Ma sono diverse le organizzazioni sindacali che sono andate anche oltre, sottoscrivendo finanche contratti collettivi pirata, come nel caso del CCNL SAFI a firma della sola Uiltucs. Con un accordo integrativo ha ulteriormente peggiorato le condizioni dei lavoratori generando un vero e proprio dumping salariale, prevedendo la decurtazione dello stipendio di circa 150 euro ai neoassunti per i primi 24 mesi di lavoro.
Stiamo parlando di una paga oraria media tra le più basse in Italia, che supera di qualche centesimo i 5 euro lordi, molto al di sotto di un salario dignitoso, come prevede l'art. 36 della Costituzione. A questo si aggiunge il dramma dei continui cambi appalto che rendono i lavoratori precari a vita, senza che possano neppure maturare tutti gli scatti di anzianità, costretti ad accettare continui tagli alle ore di lavoro, nonostante molti di loro siano part-time involontari.
USB si schiera dalla parte degli operatori del settore, perché è ora di dire basta alla ghigliottina degli appalti che generano sfruttamento e precarietà.
Pretendiamo stabilità occupazionale e salari dignitosi!
RIPRENDITI LA DIGNITÀ E LOTTA INSIEME A NOI
USB Lavoro Privato
2-2-2021