Archivio 2005 Rassegna stampa

Roma -

Archivio 2005 Rassegna stampa

 

28 dicembre 2005 - Il Gazzettino

STRANIERI
Certificato di idoneità dell'alloggio Mesi d'attesa
di Roberto Cervellin

Vicenza - «Per avere il certificato di idoneità dell'alloggio bisogna attendere mesi. Questo sta creando diversi disagi agli immigrati. Non si può più andare avanti così». Morteza Nirou del Coordinamento stranieri di Vicenza nonché sindacalista della Confederazione unitaria di base Rdb-Cub torna a contestare il pagamento di 78 euro per il rilascio dei certificati di idoneità all'alloggio necessari agli stranieri che abitano in città (circa 12mila) per il rinnovo dei permessi. «Penalizzano i nuclei familiari destinati ad allargarsi. In altri comuni vicentini come Villaverla e Creazzo questo non accade». Ad aggravare la situazione, dice, ci sono anche i ritardi del rilascio dei documenti, che farebbero perdere molte ore di lavoro agli stranieri interessati. «Ripeto, in altri comuni la musica è diversa. Si rilascia il certificato nel giorno della richiesta perché è sufficiente esibire il contratto di affitto. Sono numerosi i permessi di soggiorno bloccati per l'assenza di idoneità». L'assessore agli Interventi Sociali Davide Piazza ha già replicato che i 78 euro sono necessari per coprire le spese d'ufficio, mentre i parametri dell'ampiezza degli alloggi sono stati fissati dalla legge "Bossi-Fini" e valgono per i ricongiungimenti familiari. «Lo scopo è evitare che più famiglie si concentrino in monolocali in condizioni non igieniche» ha fatto sapere. Ma Nirou non ci sta. «In altri comuni le spese sono inferiori. Inoltre l'iter per compilare il certificato è lungo. Prima bisogna andare in via del Grande a ritirare il modulo e poi all'Ufficio casa di contra' delle Morette per l'appuntamento. L'immigrato perde giorni di lavoro per ricevere la visita dei tecnici». E conclude: «ll Comune deve rivedere i parametri o andare incontro agli immigrati in difficoltà. Questi non possono cambiare continuamente casa».

4 dicembre 2005 - Liberazione

Sfidano Bossi, Fini, Turco e Napolitano (e anche la pioggia, i bianchi e il potere)
Ieri migliaia di persone hanno manifestato per le vie di Roma in sostegno dei diritti e della libertà dei migranti.
Protagonisti i cittadini stranieri, solidali i cittadini italiani, insieme hanno denunciato la precarietà, la repressione e la guerra
di Checchino Antonini

Roma - La televisione non se n’è accorta ma a Roma, ieri, sono scesi in piazza migliaia e migliaia di migranti. Anzi di migranti, accompagnati da un po’ di italiani. Quarantamila, dicono - in fondo a Via dei Fori Imperiali - gli organizzatori soddisfatti per una manifestazione preparata con pazienza dalle reti territoriali di movimenti, comunità, sindacati di base e pezzi di sinistra. Neppure il tg regionale si accorge di loro, non fosse che per lamentare le ripercussioni sul traffico romano, preso com’è da imprevedibili fenomeni: il maltempo e il Natale.
Peccato per i tg perché il corteo con la sua piattaforma precisa parlava a tutti: chiudere i Cpt, abrogare la legge Bossi-Fini ma senza tornare alla Turco-Napolitano e farla finita con la guerra e la repressione, libertà di movimento, diritto d’asilo e di voto.
Peccato perché è stata una bella prova di partecipazione con i manifestanti giunti da tutta Italia, spesso a bordo di treni a prezzi politici strappati con lunghe trattative con Trenitalia. Un corteo che ha sfidato la pioggia e dalla pioggia è stato graziato dopo i primi passi. Ed ha attraversato il quartiere dell’Esquilino, simbolo della presenza migrante nella Capitale prima di fermarsi al margine di Piazza Venezia, blindata per evitare il contatto con i 200 neofascisti che, con fiaccole così simili a mazze, manifestavano in contemporanea per la revisione della sentenza sulla strage del 1980 alla Stazione di Bologna.
Da Napoli e Caserta, dalla Sicilia e dalle città del Nordest le delegazioni più significative in termini numerici. Gli unici a rendersi visibili con i caratteri nazionali sono stati i cinesi che contagiavano con certi tamburelli colorati i manifestanti. Solo il loro spezzone era etnico ma è importante comunque che la loro comunità rompa l’isolamento e traduca in ideogrammi comprensibili nella Chinatown dell’Esquilino le parole della manifestazione. Il resto sono striscioni di realtà "miste", come le occupazioni di case, le associazioni territoriali, con in mezzo bandiere di Rifondazione, Rdb, Cobas, Fiom e SinCobas seguite da parlamentari e portavoce italiani in ordine sparso.
E’ passato un anno meno un giorno dal corteo analogo del 4 dicembre 2004 quando il movimento contò per la prima volta la predominanza di stranieri in una manifestazione nazionale. Ieri il trend è stato confermato assieme a un altro dato, la crescita della soggettività politica migrante. E’ un movimento che ha superato la fase dell’antirazzismo generico e anche la rivendicazione del solo permesso di soggiorno per articolare una piattaforma complessiva su cittadinanza, diritti e lavoro da far marciare sui territori e in connessione coi lavoratori italiani. In questo senso il corteo di ieri è la prosecuzione del corteo delle tute blu del giorno precedente. E non soltanto perché alcuni attori sono gli stessi - le delegazioni Fiom dell’Emilia, del Veneto e di Brescia sono restate a Roma un giorno in più - ma perché la critica alla Bossi-Fini viene agganciata alla denuncia della precarietà aggravata dalla legge 30. «Sia lo sciopero generale del 25 ottobre che quello dei metalmeccanici hanno coinvolto i lavoratori migranti - spiega Ibrahim Djalla della Cgil bresciana - ma avrei voluto vedere più lavoratori italiani in piazza anche oggi, perché, nel momento in cui si colpiscono gli anelli più deboli del mercato del lavoro, i più forti dovrebbero subito alzarsi. Se non altro perché poi toccherà a loro».
E' vero - aggiunge Michele De Palma, coordinatore nazionale dei Giovani comunisti - ci sono pochi "visi pallidi" della sinistra. E quelli che dicono che i Cpt vanno tenuti aperti dovrebbero arrossire». Infatti, i soli politici presenti sono esponenti della sinistra radicale (parlamentari, dirigenti e amministratori locali del Prc e verdi, portavoce sindacali ed esponenti di movimento) come radicali sono i soggetti che si sono più spesi per la riuscita della manifestazione a cui, con propri appelli hanno aderito anche Arci e numerose Rsu. Presto un elenco del genere includerà cognomi stranieri impronunciabili «perché la presenza migrante non è più un’eccezione - dice Sene Bazir, per tutti Bas, senegalese di Bologna, libraio e attivista nel coordinamento cittadino - il movimento è stato "inventato" dalla Bossi-Fini che chiude ogni spazio di progettazione del futuro per noi e per gli italiani». «L’autorganizzazione dei migranti serve a intercettare l’autorganizzazione degli italiani», dice Edda, peruviana, operatrice di call centre a Milano, attiva nell’associazione "Todo cambia". E se le domandi cosa si aspetta da un eventuale cambio di governo, risponde così: «Che non rifaccia la Turco-Napolitano, che non pensi all’immigrazione come a un fenomeno da gestire. E’ una questione globale che sta mutando le società. Non vederlo significa non vedere che i nostri figli crescono con rabbia». «E’ vero, la soggettività migrante non è più un episodio - riconosce Roberta Fantozzi, responsabile nazionale Prc per l’immigrazione - la presenza nei sindacati e nei coordinamenti ha assunto un carattere strutturale che fa crescere la consapevolezza politica di tutti e la richiesta di un conflitto da costruire in comune sui terreni del lavoro e della cittadinanza». E questo avviene anche in periferia. «Veniamo da dove più forti sono il precariato, il razzismo e la criminalizzazione delle lotte sociali», spiega Abu della rete napoletana che ha portato a Roma 3mila persone tra braccianti, colf e richiedenti asilo. Più di uno striscione richiama il carico di rivolta delle banlieue francesi. «Ma nelle nostre cinture metropolitane, i percorsi di autorganizzazione crescono connettendosi con i movimenti sociali senza incorrere nelle forme di autolesionismo che abbiamo visto in Francia», avverte Francesco Caruso.
Di ritorno nelle rispettive città riprenderà da oggi il tran-tran di emergenze e mobilitazioni quotidiane. Come quella di Daniel e Zvonko, giovanissimi zingari nati a Roma, per sfuggire alla clandestinità a cui sono condannati dalla burocrazia italiana. O quella contro l’apertura di nuovi Cpt. Non è un caso se il corteo di ieri è stato preceduto di pochissime ore dal blitz di 150 studenti nella sede nazionale delle Misericordie, la confraternita che s’è aggiudicata l’affare della gestione del Cpt di Bari prossimo all’inaugurazione. Lo slogan era lo stesso del corteo: nessuna misericordia per i Cpt.

 

4 dicembre 2005 - Il Manifesto

Pochi diritti, ma molte voci
Sfilano in 30 mila a Roma, immigrati e non solo. Chiedono politiche più giuste, ma anche la piena cittadinanza
di CINZIA GUBBINI

ROMA - «Sono molto lieto di vedere queste manifestazioni, non conosco bene la legge Bossi-Fini, ma quando c'è di mezzo Fini con l'immigrazione so di che si tratta: di xenofobia e di un atteggiamento becero». A parlare, sul marciapiede di via Cavour nel bel mezzo della manifestazione che ieri ha portato 30 mila persone in piazza a Roma per i diritti e le libertà dei migranti, è un distinto signore con cappotto e il cappello calato sugli occhi. Sembra un cittadino qualsiasi interessato al corteo, e invece dietro c'è la sorpresa: «Vede, io sono colombiano. Sì insomma, anch'io sono un immigrato. Vivo in Italia da trent'anni, ho visto passare il tempo e tante leggi. Quando eravamo in pochi ci facevano l'inchino, adesso che siamo in tanti l'Italia sta tirando fuori il suo volto razzista». Un piccolo episodio che la dice lunga su come è cambiato il paese, alla faccia di chi continua a dire che il nostro è un paese di recente immigrazione e che per questo insiste a propinare leggi emergenziali. Un gioco che non sta più in piedi, e contro cui per fortuna ieri sono scesi in piazza non soltanto i migranti, ma anche tantissimi italiani. Una rinnovata «alleanza» a cui forse hanno contribuito anche gli episodi di quest'estate a Ceuta e Melilla e le rivolte nelle banlieues francesi, che hanno rimesso al centro una questione essenziale: le politiche migratorie modellano le politiche degli stati, dall'analisi di cosa succede lì non si può prescindere. Ma c'è anche qualcos'altro. «Gli italiani hanno smesso di essere altezzosi, di pensare che le nostre battaglie riguardano solo noi», dice Andrès del Vittorio occupato di Roma. «La nostra battaglia contro la precarizzazione del lavoro nelle università ci porta necessariamente vicino ai migranti, che scontano sulla loro pelle la precarietà più assoluta», dice ad esempio Gigi Roggero, ricercatore dell'Università della Calabria. «I migranti, come noi, sono protagonisti delle lotte sociali. Lotte criminalizzate e lo dico a poca distanza dall'ennesima dichiarazione del ministro Pisanu, in particolare sul movimento contro l'Alta velocità in Val di Susa. Per questo oggi siamo qui, tutti insieme, a chiedere anche l'amnistia per i reati connessi alle lotte sociali», dichiara invece Luca Casarini, che cammina sotto uno striscione che recita «Allons énfants de la banlieue». E se questo può sembrare un vezzo non lo è per nulla, visto che nel comizio finale, a piazza Venezia, sono stati in molti a riferirsi alle rivolte francesi per spiegare come «nessuno di noi vuole che quel livello di scontro sociale si raggiunga anche in Italia, ma se va avanti così, è inevitabile». Un modo per dire: ci siamo anche noi, dovete farci i conti.
Perché in Italia si fa finta di niente, si chiudono gli occhi, ma le persone esistono e sanno come farsi rispettare. Esempio emblematico lo spezzone dei rifugiati dell'occupazione di via Lecco a Milano. «Io non la voglio chiamare occupazione, abbiamo esercitato un nostro diritto: siamo rifugiati, dormivamo per strada, quello stabile era vuoto. Ci siamo solo entrati - sottolinea Siraj, eritreo - lo stato ha riconosciuto che ce ne siamo andati dai nostri paesi perché abbiamo subìto persecuzioni politiche e religiose, ma adesso non ci spetta niente. Invece chiediamo una casa, un lavoro, sanuità gratuita».
Ma attraverso le storie degli immigrati si parla anche di tante altre cose, come le condizioni di lavoro e questa strana globalizzazione. Hamid, marocchino di Padova, racconta del tormento di rinnovare il permesso di soggiorno ogni tre o sei mesi visto che con le agenzie interinali i contratti durano quindici giorni. Lui fino a un anno fa lavorava per una ditta che costruiva tende parasole, finché la ditta non è emigrata dove non ci sono diritti sindacali e la manodopera costa zero: «Sì - fa Hamid - alla fine ci hanno detto che in Italia ci sono pochi clienti e troppe tasse, e quindi si sono trasferiti in Romania». Ora chiede di abrogare la Bossi-Fini, ma anche di «non tornare alla Turco-Napolitano». Lui non voterà, ma sono in tanti lungo il corteo, compresi striscioni e cartelli, che chiedono il diritto di voto.
La presenza africana è certamente la più grande, enorme lo spezzone di Napoli e Caserta che non ha smesso un attimo di ballare e lanciare slogan e che in piazza ha portato uno striscione che dice «Non ci avrete mai come vorrete voi». E poi ci sono anche realtà più piccole, come la Lipa di Roma, un'associazione che riunisce le donne dell'est Europa e che distribuisce un volantino con su scritto «Quand'è l'ultima volta che ci siamo confidate? Ribellate? Che ci siamo sentite cittadine a pieno titolo?». Nel corteo anche la Federazione anarchica italiana, tante bandiere delle RdB, ovviamente il Comitato immigrati, striscioni che arrivano dalle Marche e dall'Alto vicentino, dalla Sicilia e da Torino. Lo striscione arcobaleno della Fiom, quello dell'Arci, parlamentari dei Verdi, di Rifondazione del Pdci. «E' una manifestazione che parla di politica, che sottolinea una soggettività non passeggera», dice Roberta Fantozzi, responsabile immigrazione di Rifondazione. Uno dei primi pullmini da cui parte musica che fa ballare porta lo striscione «Chiudere i cpt», una delle questioni su cui nessuno è disposto a fare sconti. Quando la manifestazione arriva nei pressi di piazza Venezia non riesce ad andare molto più in là. Come era prevedibile le rassicurazioni della questura sulla non contemporaneità della manifestazione dei migranti e quella organizzata da «L'ora della verità», un comitato di destra per la «verità sulla strage di piazza Bologna», non è stata rispettata. Nessuna conseguenza, se non gli slogan antifascisti urlati da dietro il Vittoriano.

 

4 dicembre 2005 - La Padania

Migliaia di partecipanti sponsorizzati da Rifondazione, Verdi, no global e Disobbedienti
Corteo di immigrati inneggia alle banlieue

Roma - Viva la rivolta delle banlieue, adesso siamo qua, guai a voi se solo provate a mandarci via. All’insegna di "Libertà e diritti per i migranti. Abrogare la Bossi-Fini, firmato Reti Migranti", come riportava lo striscione, ieri c’è stato il corteo nazionale degli extracomunitari a Roma tra le strade del centro.
Lavoro, casa e permesso di soggiorno sono state le "parole d’ordine" di un corteo variopinto, composto da stranieri arrivati a Roma da tante regioni dell’Italia e residenti nella capitale. «No alla repressione, no all’espulsione, uniti contro la legge Bossi-Fini», «Amnistia per tutti i reati sociali, chiudere i Cpt senza se e senza ma» e «Casa, accoglienza, lavoro, siamo stanchi di aspettare» sono alcuni degli altri striscioni innalzati dai migranti che protestano. I migranti non hanno dimenticato di inneggiare minacciosamente ai "fratelli francesi" e la recentissima battaglia nelle banlieue parigine. Sventolano alcune bandiere dei Cobas e delle Rdb.
Tanti i movimenti e le organizzazioni che sono a fianco degli immigrati che vivono in Italia. Africani e asiatici, tutti insieme, hanno chiesto «un mondo di tutti i colori, di tutte le etnie, di tutte le religioni» e di spingere i cittadini a solidarizzare con gli extracomunitari. Hanno ricordato i problemi contro cui ogni giorno devono combattere per il permesso di soggiorno, il contratto di lavoro ed una casa. Problemi che però hanno anche molti cittadini italiani. Il tragitto della manifestazione ha toccato anche un quartiere, l’Esquilino, particolarmente importante per gli immigrati perché fulcro del loro concentramento a Roma. Gli stranieri, infatti, hanno attraversato piazza Vittorio - quartiere in mano ai cinesi - dove sono rimasti fermi per alcuni minuti. Dal coordinamento dei migranti di tante città italiane come Vicenza, Bologna, Roma e Caserta all’associazione Emergency, alle donne in nero, a rappresentanti di Rifondazione hanno gridato le proprie ragioni per le strade di Roma. Secondo gli organizzatori vi avrebbero partecipato migliaia di stranieri. A sfilare, i rappresentanti politici, tra cui Paolo Cento dei Verdi, Giovanni Russo Spena di Rifondazione, l'euro parlamentare Vittorio Agnoletto, Piero Bernocchi dei Cobas, e i leader dei Disobbedienti Nunzio D’Erme e Luca Casarini.

 

3 dicembre 2005 - Il Gazzettino

CASA E INTEGRAZIONE Oggi a Roma alla manifestazione per sostenere «la libertà e i diritti dei migranti» anche il Coordinamento stranieri di Vicenza
«Standard alloggi? Troppo rigidi per gli immigrati»
Ma il suo rappresentante, Morteza Nirou, contesta due nodi locali: i 78 euro per il rilascio dei certificati di idoneità e i parametri abitativi
di Roberto Cervellin

Oggi, sabato 3 dicembre, saranno a Roma per sostenere "la libertà e i diritti dei migranti". Parole d'ordine saranno diritto di voto, regolarizzazione permanente, blocco delle espulsioni e una nuova legge in materia di asilo politico. Ma Morteza Nirou del Coordinamento stranieri di Vicenza nonché sindacalista della Confederazione unitaria di base Rdb-Cub e altri rappresentanti degli immigrati vicentini dicono anche "no" a due questioni locali: al pagamento di 78 euro per il rilascio dei certificati di idoneità all'alloggio necessari per il rinnovo dei permessi e agli standard sull'ampiezza degli appartamenti privati che, precisano, penalizzano i nuclei familiari destinati "ad allargarsi". «Stiamo ricevendo molte proteste. Almeno un centinaio di permessi di soggiorno sono fermi per l'assenza di idoneità», attacca Nirou. Ma l'assessore agli Interventi Sociali Davide Piazza replica: «I 78 euro? Sono spese d'ufficio necessarie. I parametri? Sono stati fissati dalla legge "Bossi-Fini e valgono per i ricongiungimenti familiari. Lo scopo è evitare che più famiglie si concentrino in monolocali in condizioni non igieniche».
CERTIFICATI. Il sindacalista contesta le spese, ritenute eccessive, per il rilascio del certificato di idoneità degli alloggi previsto dalla "Bossi-Fini". Si tratta di 78 euro per la copertura soprattutto di spese per personale e sopralluogo. «Nelle altre città italiane queste spese non esistono - osserva - Servizi del genere dovrebbero essere gratis. Gli immigrati pagano già le tasse».
PARAMETRI. La questione dei parametri riguarda l'ampiezza stabilita dalla legge e recepita dalla giunta comunale per gli appartamenti privati del capoluogo destinati agli extracomunitari (in locazione o di loro proprietà) che chiedono il ricongiungimento familiare. Per esempio a una coppia gli standard minimi sono fino a 46 metri quadrati, per tre persone da 46 a 60 metri quadrati e così via. Secondo Nirou questi creano diversi problemi agli stranieri perché li discriminano e li obbligano a cambiare casa. «Il Comune deve rivedere i parametri o andare incontro agli immigrati in difficoltà. Questi non possono cambiare continuamente casa. Gli standard sono troppo rigidi. Ci sono persone che per motivi economici non riescono a rispettare le disposizioni. I disagi sono notevoli. Mi sembra che si faccia di tutto per impedire l'integrazione».

 

2 dicembre 2005 - Il Manifesto

Gli immigrati dicono basta
Domani a Roma un corteo nazionale contro le politiche razziste
di CINZIA GUBBINI

ROMA - L'anno scorso, il 4 dicembre, in molti si stupirono della quantità di persone - soprattutto immigrati - che arrivarono da ogni parte d'Italia a Roma per manifestare contro le politiche italiane sull'immigrazione. Quest'anno si replica, e con sempre maggior convinzione, vista la campagna elettorale in corso, ma non solo. A fare da sfondo al corteo che partirà alle 14 da piazza Esedra ci sono le vicende di Ceuta e Melilla in Marocco, il rogo all'aeroporto di Schipol in Olanda, le continue stragi nel mar Mediterraneo. A Roma arriveranno donne e uomini che sperimentano una cittadinanza a metà, erosa nei diritti e nelle libertà dal paradigma dello «straniero». Ma non sarà una manifestazione che parla solo di immigrazione, visto che a protestare sarà una parte viva del paese. La piattaforma - alla manifestazione aderisce anche il manifesto - accanto alla richiesta del rinnovo immediato di tutti i permessi di soggiorno bloccati da mesi nelle questure, l'abrogazione della legge Bossi-Fini senza ritornare alla Turco Napolitano, la chiusura di tutti i centri di permanenza temporanea e la fine delle espulsioni, si schiera anche contro la guerra e per l'amnistia-indulto di tutti i reati connessi alle lotte sociali. «Il nostro è un movimento autonomo tanto rispetto al governo in carica che rispetto all'Unione. Nei nostri piatti non ci sono dolci per nessuno», spiega Aboubakar Soumahoro della Rete antirazzista campana «domani ci saranno le mille voci di cittadini che oggi sono visibili solo quando sono sfruttati con il contratto di lavoro, nei campi di raccolta, nel lavoro domestico nella precarietà che colpisce anche gli italiani - continua - Queste persone confermano ancora una volta che se le periferie italiane non assomigliano architettonicamente alle banlieues francesi, il disagio sociale, la precarietà diffusa e il razzismo esistono anche in Italia. Per questo ribadiremo la nostra netta opposizione alla legge Bossi-Fini e alla legge Turco-Napolitano».
Treni, pullman e auto stanno arrivando da tutta Italia. Un posto di primo piano quest'anno spetta a Milano, dove dal 16 novembre un gruppo molto compatto e motivato di rifugiati politici occupa uno stabile nel bel mezzo della città, a via Lecco. «La loro voce sarà in piazza - spiega Edda Pando dell'associazione milanese Todo Cambia - accanto a questo manifesteremo con forza contro la totale indifferenza con cui le istituzioni stanno rispondendo all'emergenza del rinnovo dei contratti di soggiorno. Qui ancora aspettiamo un anno prima di vedere i nostri permessi rinnovati, e le misure messe in campo dalla questura sono state deboli e insufficienti». Alla manifestazione aderiscono una miriade di realtà locali - non esclusivamente legate al mondo dell'immigrazione - le RdB, i Sincobas e i Cobas, Verdi, Rifondazione e Pdci. I sindacati confederali non hanno aderito ma ci sarà la Fiom insieme a diverse organizzazioni sindacali locali della Cgil. Unica preoccupazione la contemporanea fiaccolata organizzata dal comitato «L'ora della verità» in difesa di Francesca Mambro e Giusva Fioravanti e per «la verità sulla strage di piazza Bologna». Gli organizzatori del corteo per la libertà dei migranti hanno inviato una lettera a prefettura, questura e gabinetto del sindaco per esprimere il loro disappunto.

20 novembre 2005 - L'Arena

Mille persone hanno risposto all’appello dei sindacati a manifestare per i diritti. Incontro con Merolla
Questura, intesa per i lavoratori
Pratiche inevase da 16mila a 2.500. Il sindaco: «Impegno per la casa»
Zanotto deciso ad affrontare uno dei bisogni più pressanti. Intanto si spegne la polemica del coordinamento dei migranti
di Anna Zegarelli

Verona - Sono stati un migliaio i lavoratori che hanno risposto all’appello promosso dalle organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil per manifestare a favore del diritto dei cittadini immigrati al lavoro, alla cittadinanza e alla casa.
Ancora una volta sotto accusa è la legge Bossi-Fini che a detta dei sindacati «anziché considerare i lavoratori immigrati una risorsa per la nostra economia e per la società italiana in generale, ha determinato provvedimenti che vedono nell’immigrazione un male da cui difendersi».
E proprio per uscire da quella che è considerata da tutti un’emergenza, viste le precarie condizioni in cui versano migliaia di lavoratori immigrati presenti sul nostro territorio, nelle prime ore del pomeriggio i cittadini veronesi accanto ai «nuovi veronesi» si sono trovati di fronte alla Questura in lungadige Galtarossa, per chiedere la semplificazione dei procedimenti necessari per il rilascio ed il rinnovo dei permessi di soggiorno. Poi in corteo sono arrivati a Palazzo Barbieri dove li ha accolti il sindaco Paolo Zanotto.
È stata una giornata fatta di richieste e di confronto per gli oltre 70 mila lavoratori stranieri che lavorano e vivono a Verona e provincia.
A dire basta alle polemiche che hanno accompagnato in questi giorni la manifestazione promossa dai sindacati, che doveva essere affiancata da un’altra voluta dal coordinamento migranti ma negata dal prefetto, sono gli stessi componenti del coordinamento veronese. A mezzogiorno di fronte al Comune Moustapha Wagne del coordinamento migranti ha precisato che nonostante i coordinamenti di altre città italiane fossero pronti a scendere in piazza per chiedere la parità dei diritti tra lavoratori italiani e migranti, loro non si sentivano penalizzati: «Usate tranquillamente i nostri slogan, ma applicateli».
Il nodo della discordia sembra sia dovuto alla nascita di un nuovo sindacato voluto dagli stessi migranti e che conta già 700 mila iscritti a livello nazionale, tra le diverse categorie. A Verona, Rdb-Cub, così si chiama la nuova sigla che rappresenterà i lavoratori migranti e non, aprirà la sede in via Tiberghien 42 giovedì prossimo.
Che l’unica arma per ottenere eguali diritti sia il voto lo afferma Wagne, che aggiunge: «Il 3 dicembre a Roma i coordinamenti migranti di tutta Italia e il sindacato manifesteranno nuovamente per chiedere il superamento e l’abrogazione della legge Bossi-Fini e rivendicare il diritto di cittadinanza. La nostra volontà è collaborare con tutti anche se oggi c’è chi ha voluto cancellare l’effettiva voce degli immigrati».
Una mezza pace fatta quindi, che non ha comunque comportato alcun problema al presidio promosso dai sindacati confederali davanti alla Questura. Manifestazione alla quale hanno aderito anche i sindacati di polizia Siulp, Silp, la confederazione italiana agricoltori, i Ds, Rifondazione Comunista, Il nuovo partito comunista, il Cestim, l’Arci di Verona.
Poco dopo le 14.30 percussioni, musica e bandiere hanno caratterizzato il lungadige, creando per qualche minuto un rallentamento del traffico. Agli slogan scritti e detti a gran voce dai lavoratori delle tante nazionalità che in questi ultimi anni hanno cambiato volto alla città, è seguito un incontro con il questore Luigi Merolla che ha ricevuto i delegati sindacali. Un incontro proficuo, visto che ne è subito nato un comunicato congiunto nel quale si legge che grazie ai contratti dei lavoratori interinali operativi presso la questura è stato possibile smaltire buona parte delle pratiche dei permessi di soggiorno.
«Dalle 16mila pratiche inevase di aprile si è passati a 2mila 500», spiegano i segretari provinciali Roberto Fasoli (Cgil), Mario De Amicis (Uil), Sergio Facchinetti (Cisl). Soddisfatto anche Merolla che dice: «In attesa di soluzioni definitive che potrebbero venire adottate grazie alla stipula di un protocollo di intesa tra ministero dell’Interno e patronati è stato convenuto di consentire alle organizzazioni sindacali maggiori spazi per la trattazione delle pratiche relative ai propri assistiti. Con l’ufficio immigrazione ci siamo impegnati a rivedere i criteri di accreditamento e di ripartizione degli orari di apertura degli sportelli rivolti alle associazioni di assistenza agli immigrati, secondo la loro effettiva e certificata rappresentatività».
Tutto bene dunque, almeno per quanto riguarda l’aspetto burocratico del rinnovo e rilascio del permesso di soggiorno, anche se precisa il questore: «Le oltre 2mila pratiche inevase dovranno seguire i tempi dettati dal Tar in quanto sono ferme per conflittualità legali».
Un lungo corteo ha poi attraversato il centro per poi arrivare in Comune. Qui il sindaco Paolo Zanotto ha accolto i manifestanti e dalle scalinate di Palazzo Barbieri ha detto: «Ci impegniamo ad ascoltare le vostre esigenze, soprattutto per quanto riguarda il bisogno di casa. Fate parte del tessuto sociale cittadino. Il primo impegno è una reale politica di integrazione. La nostra è una città accogliente che vuole offrire servizi e qualità».

13 novembre 2005 - L'Arena

Era il Coordinamento e rappresenta 2000 stranieri
Un sindacato sociale per lavoratori migranti
Si occuperà di permessi, case e potrà intervenire nelle fabbriche

Verona - Sono africani, pakistani, bengalesi, srilankesi e maghrebini che lavorano nelle fabbriche metalmeccaniche, in qualche conceria, nei grandi magazzini e nei centri commerciali del veronese, tutti regolari, i circa 2000 iscritti al Coordinamento Migranti di Verona, l’associazione che, fiduciosa di sapersi autorappresentare, ha scelto di federarsi alla Cub (Confederazione Unitaria di Base).
Per il legale dei migranti, l’avvocato Roberto Malesani, «il dato associativo non basta più, con il patto federativo pensiamo di intervenire sui luoghi di lavoro, presso le aziende e in ogni luogo dove gli immigrati avanzino rivendicazioni basate sui loro bisogni: è un sindacato di tipo sociale, la Cub ha esattamente questo spirito, da qui la nostra scelta».
I problemi degli immigrati veronesi sono quelli di tutta la manodopera d’oltre frontiera: tempi, modi e criteri per ottenere il contratto di soggiorno, ed inoltre l’emergenza casa: sfratti, mercato nero degli affitti, accesso all’edilizia pubblica. Per questo, rileva Malesani, all’assemblea indetta dal Coordinamento Migranti erano presenti anche rappresentanze di sportelli di immigrati già federati alla Rdb (Rappresentanza sindacale di Base) della Cub, soprattutto dal Nordest: Padova, Venezia, Treviso, Monfalcone, Gorizia, Vicenza.
Ma è Verona a far scuola, spiega Malesani, perchè qui il rilascio dei permessi di soggiorno avviene in tempi «sopportabilmente rapidi» grazie al lavoro dell’associazione.
Da aprile, sottolinea, «è in corso un esperimento: le situazioni consolidate vengono valutate con rapidità, i permessi vengono rilasciati in giornata. Adesso la nuova emergenza è dove la Bossi-Fini prevede per i contratti di soggiorno che l’immigrato debba dare certificazione di avere una casa idonea, secondo i criteri della residenza pubblica».
Ma, per capire davvero cosa succede a Verona, rileva Germano Raniero, lavoratore ospedaliero da dieci anni nella Cub, di cui è adesso coordinatore regionale per il Veneto, «bisogna tenere presente che la città è un po’ particolare, ci sono stati vari episodi di intolleranza anche grave, momenti di forte scontro sociale, con tra l’altro la Lega Nord sempre in prima linea contro gli immigrati, sposata spesso con frange neonaziste veronesi». Secondo Raniero, la scelta di federarsi con il sindacalismo di base è dovuta al fatto che gli immigrati «si sono riconosciuti nelle parole d’ordine Cub, nel suo discorso politico: dalla contestazione dei Cpt e della Bossi Fini, ma anche della Turco-Napolitano di cui è il prolungamento, all’affermazione della libertà di circolazione dei migranti. In materia sindacale, noi siamo perchè tutti abbiano gli stessi diritti, lo stesso trattamento, in fabbrica non ci sono soggetti di serie B, che finirebbero per essere gli immigrati che pagano i contributi Inps e non possono più riscattarli».
«Molti immigrati che lavorano sia nella zona industriale di Verona che di San Bonifacio», rileva ancora Malesani, «si sono accorti che in questi ultimi anni la politica di Cgil Cis Uil li sta un po’ abbandonando. I sindacati confederali non sono più come cinque o dieci anni fa, quando facevano una politica molto attiva sui diritti dei lavoratori stranieri, adesso con la crisi e le ristrutturazioni se c’è la cassa integrazione nove su dieci sono immigrati. La nostra impressione è che non si vogliano mobilitare sui nostri temi, fanno una politica autoconservativa».
«Nemmeno per sogno», la replica del segretario regionale della Cgil, Diego Gallo, «tant’è che gli immigrati iscritti aumentano in modo rilevante, stiamo facendo migliaia di congressi di base e verifichiamo una partecipazione attiva di moltissimi immigrati, senza rilevare nessuna difficoltà. Anzi gli immigrati riconoscono in Cgil e nelle confederazioni l’unico punto di riferimento sindacale. Adesso ci saranno i congressi di camere del lavoro e di categoria: abbiamo assunto il principio di inserire nei nostri organismi dirigenti la quota proporzionale di immigrati e spero che arrivino ad assumere massime responsabilità».

 

13 novembre 2005 - Liberazione

Verona, il coordinamento migranti si federa con Cub

Il coordinamento migranti di Verona, circa 2mila iscritti, si è federato alla Cub, come ha deciso l'assemblea di ieri a Verona. L'adesione alla Rdb spiegano «nasce dall'esigenza di dare più forza alle rivendicazioni relative a tempi, modalità e criteri di ottenimento dei permessi di soggiorno, e ai temi dell'emergenza casa».

 

12 novembre 2005 - Ansa

SINDACATI: COORDINAMENTO MIGRANTI VERONA SI FEDERA A CUB
MALESANI, IMPRESSIONE E' CHE CONFEDERALI LONTANI DA NOSTRI TEMI

VERONA - Il Coordinamento Migranti di Verona, circa 2000 iscritti, si federa alla Cub (Confederazione Unitaria di Base): lo ha annunciato Roberto Malesani, il rappresentante legale dell'associazione degli immigrati, nel corso di un' assemblea aperta a rappresentanze di stranieri presenti in tutto il Veneto, in corso a Verona. Partecipano inoltre, ha reso noto il legale, ''delegazioni di altri sportelli di immigrati gia' federati alla Rdb soprattutto nel Nordest, a Padova, Venezia, Treviso, Monfalcone, Gorizia, Vicenza''. L'adesione alla Rdb, la rappresentanza sindacale di base, ha spiegato Malesani, ''nasce dall'esigenza di dare piu' forza alle rivendicazioni relative a tempi, modalita' e criteri di ottenimento dei permessi di soggiorno, e ai temi dell'emergenza casa: sfratti, accesso all'edilizia pubblica, denuncia del mercato nero degli affitti''. Riguardo ai sindacati confederali, Malesani afferma che ''non sono piu' come cinque o dieci anni fa, quando facevano una politica molto attiva sui diritti dei lavoratori stranieri, adesso con la crisi e le ristrutturazioni se c'e' la cassa integrazione nove su dieci sono immigrati''. ''La nostra impressione - dice - e' che non si vogliano mobilitare sui nostri temi, fanno una politica autoconservativa''. ''Con l'atto federativo - afferma da parte sua Germano Raniero, uno dei due coordinatori regionali Cub del Veneto - i migranti mantengono la loro specificita', noi siamo un sindacato che tutela le specificita', non che le annulla. Non abbiamo una funzione 'normalizzatrice'''.

IMMIGRATI:A VERONA TRA PRECARIETA' E AUTORAPPRESENTANZA

VENEZIA - Sono africani, pakistani, bengalesi, srilankesi e maghrebini che lavorano nelle fabbriche metalmeccaniche, in qualche conceria, nei grandi magazzini e nei centri commerciali del veronese, tutti regolari, i circa 2000 iscritti al Coordinamento Migranti di Verona, l'associazione che, fiduciosa di sapersi autorappresentare, ha scelto di federarsi alla Cub (Confederazione Unitaria di Base). Per il legale dei migranti, l'avv.Roberto Malesani, ''il dato associativo non basta piu', con il patto federativo pensiamo di intervenire sui luoghi di lavoro, presso le aziende e in ogni luogo dove gli immigrati avanzino rivendicazioni basate sui loro bisogni: e' un sindacato di tipo sociale, la Cub ha esattamente questo spirito, da qui la nostra scelta''. I problemi degli immigrati veronesi sono quelli di tutta la manodopera d'oltre frontiera: tempi, modi e criteri per ottenere il contratto di soggiorno, ed inoltre l'emergenza casa: sfratti, mercato nero degli affitti, accesso all'edilizia pubblica. Per questo, rileva Malesani, all'assemblea indetta dal Coordinamento Migranti erano presenti anche rappresentanze di sportelli di immigrati gia' federati alla Rdb (Rappresentanza sindacale di Base) della Cub, soprattutto dal Nordest: Padova, Venezia, Treviso, Monfalcone, Gorizia, Vicenza. Ma e' Verona a far scuola, spiega Malesani, perche' qui il rilascio dei permessi di soggiorno avviene in tempi ''sopportabilmente rapidi'' grazie al lavoro dell'associazione. Da aprile, sottolinea, ''e' in corso un esperimento: le situazioni consolidate vengono valutate con rapidita', i permessi vengono rilasciati in giornata. Adesso la nuova emergenza e' dove la Bossi-Fini prevede per i contratti di soggiorno che l'immigrato debba dare certificazione di avere una casa idonea, secondo i criteri della residenza pubblica''. Ma, per capire davvero cosa succede a Verona, rileva Germano Raniero, lavoratore ospedaliero da dieci anni nella Cub, di cui e' adesso coordinatore regionale per il Veneto, ''bisogna tenere presente che la citta' e' un po' particolare, ci sono stati vari episodi di intolleranza anche grave, momenti di forte scontro sociale, con tra l'altro la Lega Nord sempre in prima linea contro gli immigrati, sposata spesso con frange neonaziste veronesi''. Secondo Raniero, la scelta di federarsi con il sindacalismo di base e' dovuta al fatto che gli immigrati ''si sono riconosciuti nelle parole d'ordine Cub, nel suo discorso politico: dalla contestazione dei Cpt e della Bossi Fini, ma anche della Turco-Napolitano di cui e' il prolungamento, all'affermazione della liberta' di circolazione dei migranti''. ''In materia sindacale, inoltre - sottolinea Raniero, - noi siamo perche' tutti abbiano gli stessi diritti, lo stesso trattamento, in fabbrica non ci sono soggetti di serie B, che finirebbero per essere gli immigrati che pagano i contributi Inps e non possono piu' riscattarli''. ''Molti immigrati che lavorano sia nella zona industriale di Verona che di San Bonifacio - rileva ancora Malesani - si sono accorti che in questi ultimi anni la politica di Cgil Cis Uil li sta un po' abbandonando. I sindacati confederali non sono piu' come cinque o dieci anni fa, quando facevano una politica molto attiva sui diritti dei lavoratori stranieri, adesso con la crisi e le ristrutturazioni se c'e' la cassa integrazione nove su dieci sono immigrati''. ''La nostra impressione - dice - e' che non si vogliano mobilitare sui nostri temi, fanno una politica autoconservativa''. ''Nemmeno per sogno - ribatte il segretario regionale della Cgil, Diego Gallo - tanto e' vero che gli immigrati iscritti aumentano in modo rilevante, stiamo facendo migliaia di congressi di base e verifichiamo una partecipazione attiva di moltissimi immigrati, senza rilevare nessuna difficolta'''. ''Anzi - aggiunge il responsabile della Cgil del Veneto - gli immigrati riconoscono in Cgil e nelle confederazioni l'unico punto di riferimento sindacale''. ''Adesso - conclude - ci saranno i congressi delle camere del lavoro e delle categorie: abbiamo assunto il principio di inserire nei nostri organismi dirigenti la quota proporzionale di immigrati e spero che arrivino ad assumere massime responsabilita'''.

 

12 novembre 2005 - Il Giornale

Gli immigrati scappano dalla Cgil e si fanno un sindacato tutto loro
di STEFANO FILIPPI

Verona - Gli immigrati stanno mettendo in piedi il loro sindacato. In silenzio, sempre più numerosi, i lavoratori stranieri si staccano dalle confederazioni che li hanno accolti a braccia aperte al loro arrivo in Italia (in particolare la Cgil) e cominciano a strutturare i propri Cobas. Il fenomeno nasce nel Nordest, dove si concentra buona parte della manodopera di provenienza extracomunitaria. Da Venezia a Vicenza, da Verona a Treviso, alcune associazioni di migranti attive da anni hanno deciso di federarsi alle Rdb, le Rappresentanze di base. La prospettiva è quella di creare un vero sindacato, tutto di immigrati auto-organizzati, con una catena di patronati che sottraggano alle strutture «storiche» la montagna di pratiche relative alla regolarizzazione. Il business degli stranieri, molto redditizio per la Triplice. Il cuore dei nuovi Cobas è a Verona, dove il Coordinamento migranti conta 2mila iscritti su quasi 70mila stranieri regolari. In primavera l'associazione ottenne dalla questura scaligera il rinnovo in giornata dei permessi di soggiorno.
Un grande risultato conseguito dopo lunghe proteste. «In qualsiasi città d'Italia - dice l'avvocato Roberto Malesani, consulente legale del coordinamento - ci vogliono anche più di sei mesi mentre la legge Bossi-Fini fissa un termine di 20 giorni. A Verona adesso bastano sei ore, anche se il meccanismo sta rallentando per la carenza di personale».
Il rafforzamento degli organici è la prima richiesta del neonato Cobas. La seconda è una maggiore elasticità nell'applicare il nuovo regolamento della legge che obbliga i lavoratori stranieri ad abitare in case che abbiano una superficie minima, secondo i parametri dell'edilizia residenziale pubblica: per esempio, alloggi di almeno 46 metri quadrati per una persona, 60 per due, e così via. «Vogliamo parametri meno restrittivi e discriminanti», protesta l'avvocato veronese.
Ma è la prima questione, la gestione delle pratiche, il vero nodo sindacale. Lo snellimento burocratico in questura è un disastro per le confederazioni: meno code, meno lungaggini, meno scartoffie significano meno stranieri che si rivolgono ai patronati. «Io non voglio fare nessuna polemica - anticipa Malesani - sarei contentissimo se Cgil Cisl e Uil volessero davvero difendere gli stranieri. Ma non lo fanno, è un dato di fatto, e i migranti gli voltano le spalle. I sindacati non hanno mai sostenuto le nostre rivendicazioni, non sono mai venuti in piazza a fianco degli stranieri a ribellarsi contro le lentezze, anzi chiedono di tornare al vecchio sistema. Perché la burocrazia, ai sindacati, conviene».
Che fa uno straniero appena giunto in Italia? Bussa a un patronato sindacale, la porta d'accesso ai segreti del Belpaese, che insegna come ottenere documenti e certificati, ma anche case popolari e sussidi di disoccupazione, indennità di accompagnamento, posti negli asili nido eccetera. La legge stabilisce che consulenze e informazioni siano gratis; tuttavia i patronati ci guadagnano: più pratiche aprono, maggiore sarà il punteggio accumulato in vista della spartizione dei finanziamenti pubblici. I patronati infatti si sostengono con una quota (lo 0,226 per cento) del gettito previdenziale di Inps, Inpdap, Inail e Ipsema. Soldi delle pensioni che, per il 2005, supereranno i 320 milioni di euro.
Ma ci sono pratiche che si pagano care. Per esempio, proprio il rinnovo del permesso di soggiorno. E se queste pratiche vengono sveltite gli incassi crollano. «Il patronato Cgil chiede 60 euro a fascicolo - dice Malesani -, noi invece ci autofinanziamo con una tessera di 30 euro che comprende consulenza legale (che fa il sottoscritto) totale e gratuita. E quando anche noi apriremo un patronato e attingeremo al fondo statale, non faremo pagare nulla a nessuno, nemmeno i 30 euro. I sindacati tradizionali non fanno più gli interessi degli stranieri. Solo patronati, solo affari».

 

30 ottobre 2005 - Il Gazzettino

Un anno fa l'ordinanza di divieto
«Riaprite i call center il giorno di domenica»
Stranieri: riparte una crociata
di Roberto Cervellin

Vicenza - "Riaprite i call center di domenica". A oltre un anno dall'ordinanza che, per motivi di sicurezza e ordine pubblico, vieta l'apertura festiva dei centri di telefonia, gli stranieri chiedono all'Amministrazione comunale di fare un passo indietro e ritirare il provvedimento "che sta creando molti disagi agli immigrati che vivono in città". La "crociata" è promossa da Morteza Nirou, del coordinamento stranieri del capoluogo nonché sindacalista delle Rappresentanze sindacali di base Rdb-Cub. "Vicenza è l'unica città del Veneto con i call center chiusi di domenica. Non si capisce perché. Gli stranieri ogni weekend sono costretti ad emigrare altrove per telefonare nei loro paesi d'origine. Non è giusto".
Quello dei call center è un problema scoppiato negli ultimi anni, specie dopo la veloce fioritura di un'attività che, solo nella zona di viale Milano, ha portato all'apertura di dodici negozi, spesso trasformati in bazar. E altri ne stanno spuntando nelle aree limitrofe. Le vivaci proteste dei residenti, stanchi di rumori, risse e del degrado in cui era caduto il quartiere, avevano indotto il Comune ad emettere una discussa ordinanza che vieta in particolare lo svolgimento di più attività commerciali negli stessi negozi e stabilisce un'apertura massima di 13 ore al giorno tra le 7 le 22 (obbligo di chiusura domenicale o festiva), pena multe da 25 a 500 euro. "Ghetto? Violenza? - Non è vero - riprende Nirou - La verità è che in città manca un punto di riferimento culturale che dia modo agli stranieri di ritrovarsi. Rumori? Se ci fossero si sentirebbero anche negli altri giorni della settimana. Bisognerebbe avviare un dialogo con i residenti. E poi i call center che davano preoccupazione sono stati chiusi. A creare problemi non sono i negozianti, ma chi sta fuori. A quel punto devono intervenire le forze dell'ordine".
Norou annuncia inoltre che le RdB Cub   hanno chiesto un incontro con la Questura per questioni legate al rilascio della carta di soggiorno. "La Questura chiede il nulla osta del tribunale per accertarsi che l'immigrato non abbia condanne penali. Ma stranamente quei documenti non vengono accettati. Altro nodo da sciogliere con le autorità competenti è quello del certificato di idoneità dell'alloggio in cui lo straniero vive. Rilasciato dall'Ulss, costa 70 euro. L'idoneità potrebbe essere rilasciata dal Comune in modo da evitare che l'immigrato spenda soldi".

 

24 ottobre 2005 - Bari live

Bari dice no ai Cpt
di Danilo Calabrese

Bari - Hanno sfilato in poco più di cinquecento sabato all'horror tour, per protestare contro l'apertura del Centro di permanenza temporanea, costruito nel quartiere San Paolo di Bari.
Si sperava, in realtà, che la manifestazione nazionale meridionale (quella settentrionale si è svolta in contemporanea a Gradisca d'Isonzo in Friuli) potesse contare su un migliaio di persone, ma l'operazione è comunque riuscita nell'intento: coinvolgere più gente possibile, oltre i soliti, per puntare i riflettori sulla questione Cpt.
L'appuntamento era alle 13.00 alla "roulottopoli" di Bari-Palese.
C'erano tutti: movimenti (di Bari, Lecce, Napoli, Roma e persino Sicilia), che da anni "intrecciano le maglie" della Rete no Cpt, e istituzioni, rappresentate da assessori e consiglieri regionali, provinciali e comunali. Presenti anche il presidente della provincia, Vincenzo Divella, e il sindaco di Bari, Michele Emiliano, oltre i deputati Alba Sasso e Russo Spena.
Tra i partecipanti anche Rifondazione comunista, i Cobas, Rdb, Arci, Acli e Caritas regionale. Unico assente Nichi Vendola all'estero per altri impegni.
Dopo aver atteso più di un'ora l'arrivo degli ultimi pullman provenienti da altre città, il corteo si è mosso verso il Cpt, struttura attigua alla cittadella della Guardia di Finanza.
In testa al corteo, lo striscione della Rete no Cpt di Bari "Nessuna persona è illegale. Né qui né altrove", seguito da altri slogan come "I diritti non hanno confini. Nessun Cpt né qui né altrove" o "Apriamo le frontiere, chiudiamo i Cpt".
Raggiunto l'edificio "sotto processo", protetto da un cordone di poliziotti, alcuni manifestanti hanno acceso dei fumogeni ed intonato qualche coro, mentre tutti assieme hanno percorso l'intero perimetro esterno del Centro di permanenza temporanea.
La manifestazione si è poi spostata nel centro della città: prima un'occupazione simbolica della scuola "Quasimodo", spazio pubblico ormai inutilizzato, poi una seconda marcia verso la sede della Croce Rossa a Bari Vecchia, passando per la Questura e la Prefettura. Sono stati differenti i commenti provenienti dalle due realtà, che per questa volta hanno camminato lungo lo stesso percorso.
Così, Emiliano, ribadendo l'incostituzionalità di una struttura del genere, dichiara che "se dovesse essere aperto, mi auguro che come sindaco potrò andarci tutte le volte che riterrò opportuno", mentre Divella pensa alla sua trasformazione: "Vanno trasformati in centri di smistamento: tre giorni al massimo, ma poi in centri di accoglienza per ospitarli e avviarli al lavoro".
Nasce da presupposti diversi, invece, la contestazione della Rete no Cpt, che continua ad invitare gli amministratori locali a compiere atti di "disobbedienza amministrativa", come l'esclusione dai finanziamenti delle organizzazione che partecipano al bando per la gestione del Cpt.
Ma soprattutto non ammette alcuna forma di umanizzazione di "queste galere etniche", chiedendone esclusivamente il superamento tramite azioni forti dei politici.

 

23 ottobre 2005 - Il Manifesto

Bari in piazza contro il nuovo cpt
Il «laboratorio Puglia» sfila per dire no a quello che diventerà il più grande «lager» per immigrati d'Italia. In corteo il sindaco Emiliano e la giunta regionale, capofila della campagna per la chiusura
di CINZIA GUBBINI

BARI - Il centro di permanenza di Bari Palese sembra già una cattedrale in mezzo al deserto. I muri di cinta sono color ocra, e sono praticamente l'unica cosa che è possibile osservare fatta eccezione per un cancello d'entrata elettronico con l'inquietante targa "Centro di Permanenza per Immigrati Irregolari". Il nuovissimo cpt è solo l'ultimo pezzo di una lunga catena che sorge su un territorio di servitù militari. Prima la roulottopoli circondata di reti dove alloggiano al momento 500 richiedenti asilo, poi l'aeroporto militare, poi la "cittadella della Finanza", un enorme fortino. E infine il cpt. Un capolavoro di architettura securitaria che fa a cazzotti con l'altra immagine della Puglia e di Bari, quella che è scesa in piazza ieri, quella dei movimenti antirazzisti ma anche dei rappresentanti degli enti locali, primo fra tutti il sindaco Michele Emiliano. Nichi Vendola, il governatore paladino del fronte anti-cpt non c'è. «Purtroppo è a Parigi», fanno sapere i suoi. Però ci sono gli assessori della giunta regionale, tutti pronti a dire che Bari non vuole quel centro. E' partito dalla roulottopoli l'«horror tour», un giro panoramico per vedere in che posto il governo ha pensato di piazzare il cpt più grande del sud. «Qui vicino sorge il quartiere San Paolo - spiega don Angelo Cassano, da sempre al fianco delle lotte per i diritti - e io che sono stato parroco di quel quartiere degradato posso dire che soffro, perché è incredibile pensare che siano stati spesi 5 milioni di euro per costruire questo luogo». A manifestare davanti al centro sono arrivate persone da Roma, da Napoli, da Palermo. Ci sono le bandiere delle Rdb, dei Cobas, della Cgil, dell'Arci e soprattutto gli striscioni della Rete No Cpt e del Comitato immigrati. Ci sono la deputata dei Ds Alba Sasso, Giovanni Russo Spena e Titti De Simone del Prc. Tutti in piazza per una manifestazione che non fa sconti a nessuno: chiudere tutti i cpt, slegare il permesso di soggiorno dal contratto di lavoro. E non è un caso che i numeri non siano esaltanti: le elezioni sono vicine e si vede.
Il sindaco Emiliano, ex giudice e volto simbolo di una Puglia che si è lasciata alle spalle dieci anni di destra ribadisce la sua posizione: «Io ritengo che i cpt siano anticostituzionali. Come amministratore ho espresso molto chiaramente la contrarietà mia e di tutta la giunta a che il centro venga aperto. Ma la situazione è paradossale: ho chiesto al prefetto con una lettera pubblica di essere informato su quando hanno intenzione di aprire il cpt e su chi lo gestirà. Al telefono mi ha risposto con voce imbarazzata. Se le cose stanno così si prepara un grave scontro istituzionale».
Il sindaco però non condivide la richiesta che arriva dalla Rete No Cpt, che Andrea Russo sintetizza così: «Dopo il Forum dei governatori organizzato da Vendola, che è stato un passo molto importante, chiediamo di vedere i fatti: disobbedienza amministrativa. Il comune impedisca l'allaccio di acqua, luce e gas». «Il Comune non deve subire ricatti ma non li deve neanche esercitare», risponde Emiliano. Un'opposizione istituzionale, dunque, che però si trova a suo agio in una mobilitazione che porta in piazza gli striscioni: "Chiudere i lager, aprire le frontiere". Cofferati è lontano anni luce. Intanto il corteo circonda il centro, attraversando quel poco di terra ancora coltivata a cavoli, finocchi e alberi da frutto perché i contadini sono stati espropriati per fare spazio al simil-carcere. Non succede nulla, neanche una scritta imbratta i muri immacolati. Chi voleva impegnarsi in un'azione più diretta lo ha fatto il giorno prima, occupando la sede della Croce Rossa per chiedere che l'ente non partecipi al bando per la gestione del centro. «L'esperienza pugliese può essere un laboratorio, capace di spostare in avanti le politiche nazionali - dice Nicola Fratoianni, segretario regionale del Prc - qui abbiamo visto un fronte istituzionale che non solo ha lanciato una parola d'ordine, ma se ne è fatta carico».
Nel pomeriggio il corteo si sposta in centro, attraversa il quartiere Libertà dove si riappropria di una scuola abbandonata che viene drappeggiata con uno striscione che dice: "Chiudere i cpt, aprire spazi sociali". I ragazzini del quartiere si impossessano immediatamente del campetto di calcio. I numeri crescono rispetto alla mattina e il laboratorio pugliese mostra tutti i suoi volti. Ci sono persino le Acli e poco più avanti i passamontagna arcobaleno dei senzavolto. Il corteo passa sotto al Comune e sono applausi per il sindaco Emiliano, che alla fine riscende in strada in maniche di camicia. Sull'asfalto restano le scritte contro i cpt ma anche contro don Cesare Lo Deserto, condannato per le violenze nel cpt di Lecce. Il corteo finisce di fronte alla sede della Croce rossa. Tutti si danno appuntamento è per la manifestazione nazionale del 3 dicembre a Roma.

 

23 ottobre 2005 - Gazzetta del Mezzogiorno

Sfilano anche il sindaco, il presidente della Provincia, assessori e deputati. Le manifestazioni a Palese e in centro
Due cortei per dire no al «Cpt»
Un popolo in marcia con le istituzioni: «Nessuna persona è illegale»
di Gianluigi De Vito

Bari - Nessuno alla vigilia aveva lanciato il guanto di sfida sul terreno delle cifre. E alla fine i cinquecento e passa (ma non molto di più) che hanno animato lo spezzone sudista (quello nordista è andato in scena a Gradisca d'Isonzo, in Friuli) della giornata del «No ai Cpt» hanno centrato il bersaglio: allargare sempre di più il fronte d'opposizione alla «detenzione amministrativa» nei Cpt, «perché nessuna persona è illegale». Cinquecento dall'una alle tre e mezza, dalla roulottopoli di Palese al rione San Paolo dove è stato costruito il nuovo Cpt, e cinquecento dalle quattro e mezzo alle sette del pomeriggio dal PalaMartino, con un'occupazione simbolica della scuola «Melo Quasimodo», fino a piazza Mercantile davanti alla sede della Croce Rossa. Per ribadire quel che già venerdì un gruppo di «senzavolto» della rete barese è riuscito a dire: adesso, l'unico modo per non far partire il Cpt di Bari è premere affinché la Croce Rossa ritiri la sua candidatura a gestire il Centro, così come la Croce Verde ha fatto a Gradisca d'Isonzo. L'importante per gli organizzatori era avere in «trincea» anche le istituzioni (Comune, Provincia e Regione) che hanno marcato il dissenso aprendo uno scontro politico nazionale. Sfilano deputati, da Alba Sasso a Russo Spena, consiglieri e assessori comunali, provinciali e regionali. Il presidente della Provincia, Vincenzo Divella, dice: «Siamo contro l'apertura, ma se proprio devono esserci che siano trasformati in centri di smistamento immediato dove chi entra nel nostro territorio deve sostare per un massimo di tre giorni. Dopo di che una politica dell' immigrazione deve preoccuparsi di dove queste persone debbano alloggiare e di che tipo di lavoro possa essere loro offerto». Ma per il resto del «popolo» sceso in piazza «nessuna umanizzazione dei Cpt è possibile», perché un «lager» va chiuso e basta. Due cortei in due momenti diversi, animazione di strada con siparietti curiosi come quello del sindaco Emiliano in camicia che incontra i «senzavolto» siciliani e napoletani sotto il Palazzo di città. C'è Rifondazione, la Cgil, ci sono i Cobas, le Rdb, le Acli, l'Arci, la Caritas regionale. Si commenta, si slogheggia, si denuncia e ci si interroga sul dopo. La leva sarà sempre più quella delle istituzioni. Difficile perché fin qui da Vendola, Emiliano e Divella solo dichiarazioni. Nicola Occhiofino assessore provinciale ma soprattutto vicepresidente nazionale del Coordinamento degli Enti locali per la pace e i diritti umani, va oltre: propone che l'«opposizione alle carceri postmoderne che detengono immigrati violando diritti primari come la libertà di movimento sia praticata dalle istituzioni sollevando la questione giudiziaria: Comune, Provincia e Regioni portino il governo nelle sedi giudiziarie». E un tavolo interistituzionale di tecnici che «concertino un'azione giudiziaria contro i Centri da una parte e un sistema di accoglienza alternativo dall'altra» lo chiede anche padre Michele Stragapede, missionario dei comboniani di Bari che a giugno, proprio al San Paolo davanti al Cpt, praticarono tre giorni di pane e acqua contro le politiche di esclusione verso i migranti. Incalza Matteo Magnisi, portavoce dei Cristiano sociali baresi e tra i più attivi organizzatori dei cortei di ieri: «Ma perché Emiliano, Divella e Vendola non promuovono il ricorso di anticostituzionalità della legge Bossi Fini?»

----------------------------------------------------------------

L'assessore Losappio: «Ruppi dica cosa pensa dei Centri»
Istituzioni e no global insieme per dire «no» ai Cpt a Bari
di Gianluigi De Vito

Bari - Il «matrimonio» c'è stato. I rappresentanti di Comune, Provincia e Regione, ma anche sindacati e associazioni al fianco dei cinquecento e passa che hanno risposto all'«horror tour» organizzato dalla Rete No Cpt. Due round per ribadire il «no» all'apertura del Centro di permenza temporanea (Cpt) costruito nel quartiere «San Paolo», a ridosso della Guardia di Finanza: prima un corteo dalla roulottopoli di Palese (che trattiene richiedenti asilo sbarcati a Lampedusa) fino al Cpt del San Paolo; poi, dalla scuola «Quasimodo» (occupata e liberata simbolicamente) fino alla Città vecchia davanti alla sede della Croce Rossa, candidata a gestire il Cpt barese. Dalla scuola ai gestori, passando da questura e prefettura, un «gioco dell'oca», un «horror tour» simile a quello al quale è costretto l'immigrato che bussa alla soglia dell'Italia per continuare a vivere, ma che viene respinto per il solo fatto di non avere documenti in regola. Cinquecento nel primo round, cinquecento nel secondo per gridare «Vogliamo un mondo senza confini». Dalla Puglia, dalla Basilicata, ma anche da Campania, Lazio e Sicilia in concomitanza con l'altra manifestazione contro il Cpt di Gradisca di Isonzo, in Friuli. C'è tutto l'arcipelago che rifiuta «la detenzione amministrativa» nei Cpt, giustificata con «uno stato d'eccezione» fatto di leggi che limitano diritti essenziali come la libertà di movimento. Da Rifondazione alla Cgil, dai Cobas e Rdb all'Arci, Acli e Caritas regionale. Istituzioni, partiti e associazioni (dirigenti tanti, iscritti pochissimi). E ci sono i «senza volto». Con il passamontagna arcobaleno «che non nasconde terrore, nè eserciti mercenari, nè kamikaze, nè guerre umanitarie». Il sindaco di Bari, Michele Emiliano, ripete quel che ha detto in una lettera inviata al prefetto Blonda: «Chiederò al ministro Pisanu che il Cpt di Bari sia un luogo di agibilità democratica. Spero di poterci entrare quando voglio». Il presidente della Provincia, Vincenzo Divella pensa al dopo: «I Cpt vanno trasformati in centri di smistamento: tre giorni al massimo, ma poi in centri di accoglienza organizzati per ospitarli e avviarli al lavoro». Plaude il segretario regionale di Rifondazione comunista, Nicola Fratoianni per la partecipazione degli amministratori locali. Ma rintuzza: «Penso però che l'unica forma di agibilità democratica o di conversione stia nel cancellare per sempre queste galere etniche». Tocca all'assessore regionale Michele Losappio rappresentare il governatore della Puglia, Nichi Vendola, in missione all'estero. E Losappio affonda: «Molti si sono espressi sui Cpt in modo favorevole o contrario ma una personalità resta in silenzio. È il presidente della Conferenza Episcopale Pugliese, mons. Ruppi, in altre occasioni molto loquace. Da lui aspettiamo di sapere che cosa ne pensa di questi carcere per immigrati». Fa eco Iside Gjergj dell'Asgi (Associazione studi guridici immigrazione): «La Puglia non deve dimenticare la sentenza di condanna per lesioni e violenze dei gestori dell'ex cpt Regina Pacis. Le analogie con quello che il giornalista dell'Espresso ha denunciato a Lampedusa sono emblematiche».

 

22 ottobre 2005 - Ansa

24 ottobre - ore 10.30 - Napoli - davanti Prefettura - piazza del Plebiscito

Presidio del Comitato Immigrati di Napoli - Comunita' pakistana di Napoli - Fed. regionale Rdb/Cub ed altri per accelerare le pratiche di rinnovo dei permessi di soggiorno dei cittadini stranieri provenienti dalla zone colpite dal sisma che vorranno raggiungere le proprie famiglie in questo momento.

IMMIGRAZIONE:UN MIGLIAIO PERSONE A BARI IN CORTEO CONTRO CPT

BARI - ''Vogliamo un mondo senza confini, siamo tutti clandestini''. Con questo slogan, circa un migliaio di persone ha partecipato al corteo promosso dalla Rete no cpt che ha preso il via dalla scuola Quasimodo in via Napoli e ha attraversato il centro della citta', toccando questura, prefettura e sede della Croce rossa, definiti ''luoghi simbolo del triste gioco dell'oca dei migranti''. In precedenza quasi duecento persone avevano partecipato alla manifestazione di protesta di fronte alla roulottopoli di Bari-Palese e al cpt di prossima apertura al quartiere San Paolo. La manifestazione - alla quale hanno preso parte persone provenienti da tutto il Centro-sud, in particolare Lazio, Campania, Calabria e Sicilia e Puglia - si e' svolta in concomitanza con quella contro il cpt di Gradisca di Isonzo, in Friuli. Al corteo hanno partecipato rappresentanti di Rifondazione, Cgil, Cobas, Rdb, Acli, esponenti dell'associazionismo e del volontariato, dei centri sociali, dei movimenti antirazzisti. Tra i manifestanti alcuni giovani 'senza volto', con il passamontagna arcobaleno ''che - hanno detto - non nasconde terrore, ne' eserciti mercenari, ne' kamikaze, ne' guerre umanitarie''. Presenti anche esponenti di partiti e il sindaco di Bari, Michele Emiliano, il presidente della provincia, Vincenzo Divella e rappresentanti della Regione. Soddisfatto il segretario regionale di Rifondazione comunista, Nicola Fratoianni ''per la riuscita della manifestazione e per la partecipazione degli amministratori locali. Penso, pero' - ha detto - che l'unica forma di agibilita' democratica o di conversione stia nel cancellare per sempre queste galere etniche''. ''Noi - ha aggiunto - continueremo a perseguire i nostri obiettivi: la non apertura di nuovi centri e la chiusura di quelli esistenti, che non possono essere umanizzati, ne' riformati. La detenzione amministrativa che punisce una condizione e non un comportamento rappresenta la sconfitta della classe politica e della civilta' giuridica''. Soddisfatto per la manifestazione anche Matteo Magnisi, tra i primi attivisti a Bari della Rete no cpt. ''Un segnale positivo - ha detto - viene dal Friuli, dove la Croce verde si e' ritirata dalla gara di appalto per la gestione del centro. Speriamo che si produca un effetto imitativo e la Croce rossa faccia lo stesso a Bari''.

 

22 ottobre 2005 - L'Unità

Recuperato il gommone disperso a largo di Lampedusa, a bordo un neonato
di red

Un gommone, che risultava disperso da due giorni al largo di Lampedusa, è stato avvistato sabato mattina dalla Guardia Costiera. A bordo 24 migranti, tutti somali, tra cui un neonato di un mese e sei donne. Allo sbarco, in porto, c'erano ad attenderli le aumbulanze. Ma quando ancora l'imbarcazione era in mare un elicottero ha caricato a bordo un uomo in gravi condizioni che doveva essere subito trasferito nell'ospedale più vicino, quello di Lampedusa.
I migranti che non saranno ricoverati in ospedale saranno internati nel terribile cpt dell'isola che sta suscitando tante polemiche per i trattamenti che vi vengono riservati alle persone che vi sono rinchiusi.
Intanto, dopo che una cinquantina di senza-volto ha occupato venerdì la sede della Croce Verde di Gradisca d'Isonzo, cittadina del goriziano destinata a ospitare uno dei Centri di permanenza temporanea per immigrati clandestini, il presidente dell'ente ha annunciato la decisione di ritirare il suo dossier dalla gara d'appalto per la gestione della struttura. Era già successo a Cormons, dove dopo l'occupazione da parte dei senza-volto la locale Misericordia aveva deciso di ritirarsi dalla gestione del centro.
Occupata, sempre ieri, anche la Croce rossa di Bari, uno dei quattro enti che dovrebbe gestire il Cpt di Bari-San Paolo. A Bari sabato ci sarà una protesta contro il Cpt alla quale aderisce un cartello lunghissimo di associazioni nazionali e locali, anche del Nord, dal coordinamento migranti di Bologna, a quello di Bergamo, Vicenza, Brescia, Padova, oltre ad Action Roma, Attac, Sincobas, Rdb, Fiom, Prc, centri sociali di Trieste e Gorizia, Napoli e Caserta, Messina, Genova e Pisa, l’associazione Senzaconfine, la Tavola migranti, circoli locali dell’Arci e una quantità di personalità a titolo individuale, da Alba Sanno, senatrice ds e i 110 parlamentari del centrosinistra che hanno sottoscritto una petizione per la chiusura di tutti i Cpt, a don Gallo e don Poletti dei padri comboniani, all’assessori regionale ligure Enrico Vesco, sindacalisti, professori, giornalisti.
A Gradisca, invece, ci sarà un nuovo raduno sempre sabato direttamente davanti alla sede nuova del cpt/centro di identificazione di Gradisca d’Isonzo. La richiesta in ambedue i casi è di non aprire i nuovi due centri di permanenza.

 

 

19 ottobre 2005 - Il Resto del Carlino

IMMIGRAZIONE
Ruspe pronte allo sgombero delle baracche sul Lungoreno

BOLOGNA- Sgomberate le baracche sul Lungoreno a Bologna. Le ruspe hanno cominciato la loro azione intorno alle sette di questa mattina in un'ampia zona sulle sponde del fiume dove vivevano gli immigrati rumeni. Sul posto c'era, tra gli altri, il consigliere comunale di Rifondazione comunista, Valerio Monteventi che racconta: "Hanno preso sette uomini in via Agucchi e cinque tra donne e bambini in via Triumvirato e a quanto ci risulta gli altri sono riusciti a scappare". Ma, prosegue Monteventi, "lo sgombero e' stato effettuato senza la presenza dei servizi sociali. Non c'era un'ordinanza che lo prevedesse e lo stesso vicesindaco Adriana Scaramuzzino e' stato avvertito dopo. L'abbattimento delle baracche e' praticamente terminato".
Sul Lungoreno c'erano oltre ai militanti del Prc, anche i Verdi, le Rdb e altre organizzazioni sindacali. La Polizia rimanda il bilancio dell'operazione a piu' tardi.
"Quando sono arrivato io le ruspe avevano gia' ammassato tutte le baracche e gli stranieri non c'erano piu'", racconta il consigliere comunale dei Verdi Roberto Panzacchi, presidente della commissione Cultura in Comune, di ritorno dal luogo dell'operazione.
Lo sgombero, a quanto si apprende, avrebbe interessato anche la zona attorno a via della Birra, sempre nel quartiere Borgo Panigale, dove solo la settimana scorso un gruppo di consiglieri comunali in visita aveva "scoperto" un altro insediamento abusivo di immigrati.
L'azione sul Lungoreno prefigura i primi strascichi politici.
Le forze della sinistra radicale, in testa il Prc, protestano perche' non sarebbe stata messa a disposizione una sistemazione alternativa per i rumeni sgomberati. In queste ore si sta tenendo un vertice a Palazzo D'Accursio.

29 settembre 2005 - La Sicilia

Sindacati di base: nasce il settore migranti
Anche nella nostra città uno sportello per immigrati

Caltanissetta - Nasce in città il coordinamento territoriale di Gela, settore migranti, delle rappresentanze sindacali di base. Sarà ospitato nella sede di Rifondazione comunista in corso Salvatore Aldisio 162. L'inaugurazione avrà luogo domenica alle 17. L'iniziativa è opera di un gruppi di cittadini immigrati e di italiani tra cui un'avvocatessa e un dottore commercialista organizzati nel sindacato Rdb/ Cub. L'attività precipua del gruppo è quella di battersi contro la legge Bossi-Fini e la precedente legge sull'immigrazione la Turco - Napolitano perché causano disagi alla dignità e alla vita dei cittadini immigrati. Il gruppo si è organizzato per rivendicare la salvaguardia dei diritti di tutti i lavoratori, e in particolare dei cittadini immigrati con o senza il permesso di soggiorno.
Nella sede di corso Aldisio sarà aperto uno sportello per dare informazioni e assistenza sulle pratiche di soggiorno, le vertenze di lavoro, l'assistenza sanitaria, fornire le consulenze legale e fiscali. I volantini di annuncio dell'iniziativa sono stati scritti in tre lingue italiano, inglese e francese. L'iniziativa nasce in un momento particolare per la comunità gelese che ha vissuto la tragedia degli undici giovani immigrati morti annegati al termine di una lunga traversata su una carretta del mare. Le vittime sono state sepolte nel cimitero e dichiarate, dopo la morte, cittadini onorari di Gela. E' il primo sportello per immigrati che si apre in città dopo l'iniziativa dei Servizi Sociali che ha censito la presenza di immigrati a Gela e preso contatti con le donne elaborando il progetto «Con gli occhi delle donne».(M.C.G.)

 

27 settembre 2005 - Ansa

IMMIGRAZIONE:BOLOGNA; MIGRANTI,SGOMBERATI DONNE E LAVORATORI

BOLOGNA - Una serie di realta' che associano 'migranti' e centri sociali come il Tpo, insieme a Prc, Verdi e sindacati Cobas e Rdb, hanno criticato - in una nota - lo sgombero di trenta 'abusivi' da Villa Salus a Bologna. ''Un ingente corpo di polizia - si rileva nella nota - si e' presentato a Villa Salus per trattenere e condurre in questura trenta lavoratori e lavoratrici rumene. Di questi, una donna e' stata trattenuta in carcere perche' in possesso di un precedente decreto d'espulsione, tre persone sono state condotte al Centro di Permanenza Temporanea, due donne con figli a seguito sono state segnalate al Comune in attesa di soluzione, due minori sono stati inseriti in comunita', mentre alle rimanenti persone e' stato rilasciato un ordine di espulsione da eseguire entro cinque giorni, al termine del quale subentrera' l'arresto immediato. Sottolineiamo - prosegue la nota - che si tratta prevalentemente di bambini e donne, lavoratrici in nero o mamme e mogli di lavoratori privi di un permesso di soggiorno, ma certamente non privi di un lavoro schiavista e inumano''.

 

9 settembre 2005 - Ansa

ABITANTI LUNGORENO BOLOGNA, RIPULIREMO FIUME DA RIFIUTI
LE LEGGI ITALIANE CI SPINGONO IN CLANDESTINITA' E BARACCHE

BOLOGNA - Domenica mattina, armati di guanti da lavoro, pale e sacchi ripuliranno le rive del Reno, a Bologna, da rifiuti e sporcizia. E' la risposta che i lavoratori e le lavoratrici precari e in nero del Lungoreno hanno dato al sindaco Sergio Cofferati, che nei giorni scorsi ha annunciato nuove demolizioni degli alloggi abusivi. Lo hanno annunciato con un documento che ha raccolto la solidarieta' dell'assemblea dello scalo internazionale migranti, del coordinamento migranti di Bologna, dell'Unione sindacale italiana, di RdB-Cub, di Rifondazione comunista, delle lavoratrici e dei lavoratori anarchici e dell'associazione 'Ya basta'. ''Cambiano i colori delle giunte - si legge nel documento - le ruspe rimangono le stesse. Come cambiando i colori dei governi, le Bossi-Fini e le Turco-Napolitano rimangono leggi xenofobe e persecutorie. Siamo venuti a conoscenza, tramite i quotidiani, che la decisione di demolire le nostre abitazioni e' stata presa dopo che Hera si e' rifiutata di raccogliere le immondizie da noi radunate, per questo abbiamo deciso di cominciare a rimuovere i depositi e spostarli in luoghi raggiungibili dai mezzi''. Per questo domenica mattina s' impegneranno in questa iniziativa invitando chi ha a cuore la loro causa ad unirsi a loro. ''Non vorremmo - prosegue il documento - che l'unica risposta che ci verra' data dalle istituzioni sia quella dello sgombero e del Cpt. Non e' per nostra volonta' che viviamo con le nostre famiglie ed i nostri bambini in condizioni precarie e situazioni igieniche insalubri. Partiamo dal nostro paese per cercare lavoro in Italia. Lavoriamo nei cantieri, spesso in nero, per costruire un futuro per noi e per i nostri figli. Le legge italiani ci spingono nella clandestinita' e ci impediscono una vita dignitosa. Le leggi italiane ci costringono a vivere in baracche''.

 


7 settembre 2005 - Ansa

ore 11.00 - Bari - Presidenza Consiglio comunale, via Cairoli (1/o piano) - Conferenza stampa indetta dallo Sportello dei diritti degli immigrati, aderente alle RdB/Cub, per illustrare le proposte dell' associazione sui temi del diritto di voto agli immigrati, dell' accoglienza e della creazione di alloggi autogestiti per i richiedenti asilo.

30 agosto 2005 - Il Gazzettino

LA CITTÀ CHE HA PROBLEMI Domani in viale Mazzini viene sfrattata una famiglia, lui egiziano con lavoro part-time, lei albanese disoccupata
Non hanno i soldi per pagare l'affitto: fuori
Sportello Casa: «Tenteremo di far slittare di qualche mese il provvedimento. Serve una politica sociale più efficace»
di Roberto Cervellin

Vicenza - Lui, egiziano, ha un lavoro part-time che gli frutta 600 euro al mese. Lei, albanese, convivente, è attualmente disoccupata, avendo perso di recente l'impiego. Abitano in un appartamento in viale Mazzini ma da qualche mese non riescono più a pagare l'affitto. Domani uscirà l'ufficiale giudiziario per notificare lo sfratto esecutivo chiesto dal proprietario dell'immobile. Ma all'appuntamento sarà presente anche una delegazione dello Sportello casa aperto all'inizio dell'anno dalle rappresentanze sindacali di base Rdb-Cub presso la sede di via Del Grande 24 per dare consulenza e informazioni su questioni abitative.
Dopo i tre casi di "occupazione pacifica" avvenuti qualche mese fa in occasione di altrettanti sfratti, i rappresentanti del suddetto servizio tornano alla carica per sostenere un altro caso di disagio abitativo che vede protagonista ancora una volta una famiglia di extracomunitari. «Ma la nostra sarà sempre una presenza pacifica», anticipa Morteza Nirou, uno dei portavoce del suddetto servizio che ha tra i sostenitori anche il Coordinamento stranieri e il gruppo "Invisibili" dei centri sociali. «Cercheremo un punto di incontro con il proprietario. Per questa famiglia pagare l'affitto è diventato impossibile. Chiederemo che lo sfratto venga rinviato per consentire alla convivente di trovare un lavoro».
Casi come quello del nucleo familiare di viale Mazzini, spiega Nirou, in città sono sempre più frequenti. «Da quando è nato lo sportello ne abbiamo contati almeno una trentina. Quasi tutti per morosità. Il fenomeno si sta pericolosamente aggravando. Le segnalazioni che ci giungono sono innumerevoli». Di qui la nascita dello sportello per fare fronte a una piaga che l'anno scorso ha registrato circa 150 sfratti solo a Vicenza. Per lo Spotello casa è il momento di pensare ad una politica della casa più efficace che invece di affrontare l'emergenza con contributi a pioggia e alloggi temporanei metta a disposizione delle famiglie disagiate appartamenti pubblici. «Il nostro obiettivo è sensibilizzare l'opinione pubblica», conclude Nirou. «L'accoglienza di emergenza va abbandonata perché ogni giorno costa quanto costerebbe un mese di affitto in un alloggio».
Lo sportello è aperto nella sede Rdb-Cub di via Del Grande (sotto lo stadio "Menti") ogni martedì dalle 15.30 alle 18. Telefono 0444.514937, e-mail: sportellocasa@inventati.org.

27 agosto 2005 - Liberazione

A Napoli, per Ibrahim, ma anche per Moussa e gli altri
Lunedì mattina si scende in piazza

Napoli è chiamata a scendere in piazza per Ibrahim, ma anche per Moussa, per gli immigrati naufragati nelle acque del mediterraneo e sommersi dall'indifferenza dell'informazione, e per tutti coloro che sono deboli "per legge". Ibrahim Diop, 24 anni, venditore ambulante proveniente dal Senegal, è stato aggredito e accoltellato in un call center nei pressi della stazione centrale di Napoli la scorsa settimana.
L'unico testimone, un senegalese che oggi rischia anche l'espulsione, ha raccontato di un tentativo di rapina da parte di un gruppo di italiani. Ibrahim, colpito ad un polmone, è morto dopo poco per emorragia. Mercoledì notte a Scafati, è stato dato alle fiamme un call center, punto di riferimento per molti extracomunitari della zona. Pochi mesi prima a Giugliano è stato gambizzato in strada Moussa Munkaila, nigeriano. Si faceva chiamare Job Augustine, Job stava per quel lavoro che cercava. E aveva dichiarato di essere liberiano, convinto che così, con una storia di guerra alle spalle, avrebbe evitato l'espulsione. E' morto cinque giorni dopo la vile aggressione, in ospedale. La cronaca di Napoli, della Campania e dell'intero Bel Paese continua a riempirsi di immigrati rapinati, feriti ed uccisi. «I soprusi sui migranti - dice Alfonso De Vita, del comitato degli immigrati di Napoli - aumentano sempre di più perché sono i più facili, perché la vittima è vulnerabile per legge. Rapinare un migrante, magari clandestino, è facile e sicuro. Si sta rapinando qualcuno che già lo Stato ha definito come un senza diritti, un senza volto, un potenziale criminale». Mentre le indagini sull'assassinio di Ibrahim Diop continuano e le istituzioni si prodigano per sostenere il fratello Madiop (giunto da Verona dove lavora come metalmeccanico e dove stamattina avrebbe accolto Ibrahim) lunedì mattina si scende in piazza per la manifestazione "Quanto vale la vita di un immigrato? ".
I promotori sono la comunità senegalese di Napoli, l'associazione 3 Febbraio, Cgil, Prc, Pdci, Confederazione Cobas, Rdb, Precari autorganizzati, Rdb, Centri sociali napoletani, Collettivo No_Border Napoli, Comitato Immigrati in Italia, Rdb-immigrati, Assopace, Liberatorio Politico, SR, Comunità dello Sry Lanka, Sinistra Giovanile, Uds, Studenti in Movimento, Comunità Palestinese, Gesco, Dedalus, Opera Nomadi.(A. P.)

26 agosto 2005 - Ansa

OMICIDIO SENEGALESE: LUNEDI' MANIFESTAZIONE SOLIDARIETA'
TANTE ADESIONI PER APPUNTAMENTO IN PIAZZA GARIBALDI

NAPOLI - Tante adesioni per la manifestazione organizzata per lunedi' prossimo a Napoli, con appuntamento in piazza Garibaldi, in segno di solidarieta' con la famiglia di Ibrahim Diop, il giovane senegalese ucciso nei giorni scorsi nei pressi di un call center. Nell'appello dei promotori si sottolinea che si tratta ''dell'ennesima vittima di una violenza che non risparmia nessuno''. ''Come capita troppo spesso volevano derubarlo e lo hanno accoltellato. Purtroppo questi episodi in citta' sono all'ordine del giorno ma quando succedono ad un immigrato rischiano di passare inosservati - si afferma nell'appello - Solo due mesi fa un altro migrante, richiedente asilo, Moussa Munkaila, e' morto in ospedale dopo essere stato aggredito e gambizzato in strada a Giugliano''. ''Facciamo appello alla societa' civile, alle persone sinceramente democratiche, di unirsi in questa battaglia di civilta', di solidarieta', di fratellanza che oggi tocca non solo la comunita' senegalese ma l' intera citta' - scrivono i promotori della manifestazione - Per questo e' importante che Ibrahim Diop abbia giustizia''. Alla manifestazione in programma lunedi' alle 9 in piazza Garibaldi hanno finora aderito: Comunita' dei Senegalesi a Napoli, Associazione 3 Febbraio, Cgil, Prc, Pdci, Confederazione Cobas, Rdb, Precari autorg. Rdb, Centri sociali napoletani, Collettivo No_Border Napoli, Comitato Immigrati in Italia, Assopace, Liberatorio Politico, SR, Comunita' dello Sry Lanka, Sinistra Giovanile, Uds, Comunita' Palestinese, Arci, Consorzio Gesco, Dedalus, Priscilla, Lega delle Cooperative, Coop. Casba, Ass.Costa d'Avorio, Anolf, Ass. Marocchini in Campania, Attac Napoli, Uil, Comitato Panafrica.

23 luglio 2005 - AGI

ROMA: AL VIA LA CAMPAGNA PER IL VOTO AGLI IMMIGRATI

Roma - E' stata ufficialmente inaugurata a Roma la campagna cittadina per l' introduzione del diritto di voto per i cittadini stranieri alle elezioni comunali e municipali. A promuovere l' iniziativa un largo gruppo di organizzazioni di migranti e antirazziste: tra queste Arci Roma, Senza confine, Lunaria, Fcei, Comitato immigrati, NODI, Comunità di S. Egidio, Cgil, Pax Christi, Antigone, Action, Fondazione Astalli, RDB e molte altre. "Le politiche sull' immigrazione debbono essere indirizzate all' inserimento sociale degli immigrati e tendere alla piu' ampia partecipazione democratica di tutte le persone che fanno parte della comunita' cittadina, indipendentemente dalla loro provenienza - spiegano gli organizzatori - occorre mutare il segno delle politiche migratorie e sull' immigrazione, abbandonando le priorita' sicuritarie e privilegiando i diritti delle persone". Fine ultimo della campagna e' l' approvazione di una legge nazionale che, attraverso la ratifica del capitolo C della Convenzione di Strasburgo, introduca l' elettorato attivo e passivo alle elezioni comunali e municipali in tutto il territorio italiano.

20 luglio 2005 - Inform

Roma: al via una campagna cittadina per il diritto di voto attivo e passivo dei cittadini immigrati alle elezioni comunali e municipali
di Francesca Mascellini

ROMA - E’ stata inaugurata a Roma, a Palazzo Valentini, una campagna cittadina per l’introduzione del diritto di voto per i cittadini stranieri alle elezioni comunali e municipali. L’iniziativa, promossa da un largo gruppo di organizzazioni di migranti e antirazziste, da Arci Roma a Senza confine, da Lunaria alla Fcei, dal Comitato immigrati al NODI, dalla Comunità di S. Egidio alla CGIL, da Pax Christi ad Antigone, da Action alla Fondazione Astalli alle RDB e molte altre, ha visto la partecipazione di un ragguardevole numero di persone.
I promotori hanno evidenziato che la campagna cittadina ha come obiettivo finale l’approvazione di una legge nazionale che, attraverso la ratifica del capitolo C della Convenzione di Strasburgo, introduca l’elettorato attivo e passivo alle elezioni comunali e municipali in tutto il territorio italiano.
La consapevolezza della difficoltà di arrivare in tempi brevi all’approvazione di una legge nazionale, ha spinto le associazioni romane a promuovere dal basso una campagna che solleciti il comune di Roma ad affiancare altri comuni (Ancona, Genova, Brescia, Venezia) e a schierarsi in modo deciso con chi vuole la garanzia piena dei diritti di cittadinanza per tutte le donne e gli uomini che risiedono.
Questi i punti qualificanti delle due delibere di iniziativa popolare:
- l’introduzione del diritto di elettorato attivo e passivo per il Consiglio comunale per i cittadini stranieri non comunitari che abbiano compiuto il 18 anno di età residenti nel territorio comunale;
- la predisposizione di una apposita lista elettorale di elettori stranieri, elaborata sulla base dei dati rilevati dai servizi anagrafici, per rendere effettivo tale diritto, costituita e aggiornata d’ufficio;
- la richiesta al Sindaco e al Consiglio comunale di proporre una modifica dello Statuto comunale al fine di ampliare l’elettorato attivo e passivo ai cittadini stranieri non comunitari e apolidi residenti nel Comune di Roma secondo i principi sopra elencati;
- la richiesta al Consiglio comunale di Roma di un impegno a sollecitare il Governo e il Parlamento ad approvare una legge nazionale per la garanzia del diritto di voto attivo e passivo ai cittadini stranieri non comunitari in tutto il territorio nazionale.
Le politiche sull’immigrazione debbono essere indirizzate all’inserimento sociale degli immigrati e tendere alla più ampia partecipazione democratica di tutte le persone che fanno parte della comunità cittadina indipendentemente dalla loro provenienza.

17 luglio 2005 - AGI

ROMA: AL VIA LA CAMPAGNA PER IL VOTO AGLI IMMIGRATI

Roma - E' stata ufficialmente inaugurata a Roma la campagna cittadina per l' introduzione del diritto di voto per i cittadini stranieri alle elezioni comunali e municipali. A promuovere l' iniziativa un largo gruppo di organizzazioni di migranti e antirazziste: tra queste Arci Roma, Senza confine, Lunaria, Fcei, Comitato immigrati, NODI, Comunità di S. Egidio, Cgil, Pax Christi, Antigone, Action, Fondazione Astalli, RDB e molte altre. "Le politiche sull' immigrazione debbono essere indirizzate all' inserimento sociale degli immigrati e tendere alla piu' ampia partecipazione democratica di tutte le persone che fanno parte della comunita' cittadina, indipendentemente dalla loro provenienza - spiegano gli organizzatori - occorre mutare il segno delle politiche migratorie e sull' immigrazione, abbandonando le priorita' sicuritarie e privilegiando i diritti delle persone". Fine ultimo della campagna e' l' approvazione di una legge nazionale che, attraverso la ratifica del capitolo C della Convenzione di Strasburgo, introduca l' elettorato attivo e passivo alle elezioni comunali e municipali in tutto il territorio italiano.

12 luglio 2005 - Il Gazzettino

SPORTELLO CASA
Gli immigrati pagano più di tutti l'emergenza
di Roberto Cervellin

Vicenza - Francesca, 43 anni, nigeriana, sola con due figli a carico, vive in una casa di riposo privata e ha un lavoro part-time. Susanna, 53 anni, albanese, prossima allo sfratto, è senza lavoro: non riesce a trovarlo perché, dice, è considerata "anziana". Salah, 46 anni, marocchino, sposato, due figli, ha gravi problemi fisici, è senza lavoro ed è costretto a vivere separato dalla famiglia.
Sono alcuni dei casi di disagio sociale che quotidianamente bussano alla porta dello Sportello casa delle rappresentanze sindacali di base Rdb-Cub di via Del Grande 24 (sotto lo stadio). Una piaga che, denunciano Morteza Nirou e Teo Molin Fop, tra i rappresentanti del servizio nato di recente per dare consulenza e informazioni su questioni abitative, si sta progressivamente aggravando. Sono decine le segnalazioni di italiani e stranieri che, con impiego precario o senza lavoro, non riescono a pagare l'affitto e rischiano lo sfratto. Secondo gli ultimi dati, dal 1999 al 2003 a Vicenza gli sfratti sono più che raddoppiati. L'anno scorso sono stati circa 150.
Che cosa fare? Per i due rappresentanti dello sportello bisogna pensare ad una politica della casa più efficace che invece di affrontare l'emergenza con contributi a pioggia e alloggi temporanei metta a disposizione delle famiglie disagiate appartamenti pubblici sfitti (duecento, secondo stime comunali). «Ci sono sfitti che, con pochi restauri, diventerebbero subito abitabili», commenta Molin Fop. «Le persone perdono il lavoro facilmente. Il mercato privato per alcuni è diventato ormai inaccessibile. Non resta che l'alloggio pubblico». Aggiunge Nirou: «Serve un fondo di garanzia pubblico-privato che tuteli chi è difficoltà. Mancano risorse? Si possono trovare utilizzando al meglio quelle disponibili».
Contro gli sfratti, esponenti delle Rdb-Cub, Coordinamento stranieri e gruppo "Invisibili" dei centri sociali di recente hanno bloccato pacificamente due sfratti esecutivi. «Lo scopo non è creare ma risolvere il problema. Cerchiamo un dialogo», conclude Molin Fop. «Rimpatrio e separazione del nucleo familiare non sono la soluzione».

3 luglio 2005 - Il Giornale di Vicenza

La manifestazione. Circa 400 immigrati hanno sfilato per le vie del centro chiedendo più tutele
«I rifugiati devono poter lavorare»
«Chi chiede asilo politico resta nel limbo per mesi»
di Marino Smiderle

Vicenza - Cantano e ballano, 3-400 africani arrivati a Vicenza da diverse città d’Italia. Cantano e ballano ma non hanno niente da festeggiare. Chi chiede asilo politico all’Italia non può lavorare. Pazienza se passano settimane, mesi, a volte un anno, senza che arrivi il pronunciamento. Che spesso derubrica l’asilo politico in asilo umanitario, con conseguente durata limitata e successiva spedizione al mittente dell’immigrato.
Di questo parlano i giovani arrivati dal Sudan, dal Togo, dalla Sierra Leone, dalla Liberia, terre martoriate dalla violenza e dalla povertà.
Poco dopo le 17 partono dalla stazione, scortati dalla polizia. In mezzo a loro diversi rappresentanti delle organizzazioni che hanno messo in piedi i dettagli di questa manifestazione, tra cui il coordinamento immigrati Cgil, il Tavolo migranti dei social forum del Vicentino e il Cub berico. Secondo gli organizzatori, il regolamento di attuazione della legge Bossi-Fini, entrato in vigore a febbraio, «prevede norme ancor più vessatorie per ottenere il famigerato contratto di soggiorno».
Ma lungo via Roma si manifesta per il diritto di asilo e per chi si trova nella scomoda situazione di non poter lavorare. «Questi giovani - spiega Germano Raniero, dei Cub - fuggono da realtà in cui sono perseguitati, in cui regnano regimi dittatoriali, e chiedono asilo all’Italia. Da noi aspettano mesi senza poter lavorare e poi, spesso, trovano risposte contraddittorie, che li costringono a darsi alla clandestinità. Non si può andare a avanti così».
Negli ultimi tempi decine di richiedenti asilo sono saliti verso il nord, Vicenza compresa. In teoria non potrebbero lavorare, in pratica devono mangiare: e quindi sono come nel limbo, un piede al di qua e un altro al di là della legge.
Dicko Mamadou è a Vicenza da 14 anni. Lui non ha problemi, ha tutti i timbri sulle carte giuste. Però sceglie di sfilare per solidarietà con tutti quelli che non hanno avuto la sua fortuna. «Ma li vede questi ragazzi - dice -, le paiono delinquenti, gente che non ha voglia di far niente? No, questi vogliono lavorare, si adattano a fare qualsiasi cosa. Io credo che bisognerebbe dare a tutti un permesso di soggiorno, nell’interesse dell’Italia. Nome, cognome, residenza, così si possono controllare: chi sgarra, espulsione. Ma chi dimostra lealtà alle leggi deve essere considerato un cittadino come tutti gli altri. Questa è la difficoltà maggiore, anche a Vicenza, dove spesso vengo fermato solo perché ho la pelle scura e vengo scambiato per un potenziale delinquente. La cosa mi dà parecchio fastidio».
Prosegue il corteo, lungo via Roma, poi lungo corso San Felicie, viale Milano e sosta finale davanti alla questura. Qui una delegazione è stata ricevuta dal vicequestore Giuseppe Sinatra. Il quale più di tanto non può fare, né promettere: le leggi sono queste e c’è chi deve applicarle. Alla fine, qualche problema col traffico per l’assembramento in piazzale Tiro a segno.

2 luglio 2005 - Il Gazzettino

EMERGENZA CASA Rappresentanti di Rdb-Cub, componenti del gruppo "Invisibili" hanno manifestato in via Galizzi per aiutare una famiglia di tunisini per la quale ora verrà trovata una soluzione
Sit-in in quindici per impedire lo sfratto. Rinviato

Vicenza - (R.C.) Hanno sfidato la pioggia per dire "no" a uno sfratto. Ieri mattina una quindicina di persone tra esponenti delle Rappresentanze sindacali di base (Rdb-Cub), del Coordinamento stranieri e del gruppo "Invisibili" dei centri sociali hanno bloccato pacificamente lo sfratto esecutivo a carico della famiglia tunisina composta da quattro persone (coniugi e due figli piccoli) residente in via Galizzi 38, a Parco Città. Non sono mancati momenti di tensione, tanto che hanno dovuto intervenire le forze dell'ordine. Il blocco a quanto pare ha dato i suoi frutti, visto che il proprietario dell'appartamento ha concesso la proroga dello sfratto fino a fine luglio. «Il tempo necessario per trovare una nuova sistemazione», ha commentato soddisfatto Morteza Nirou del Coordinamento stranieri, presente al sit-in. Si apre uno spiraglio di speranza dunque per la famiglia di immigrati sulla quale pendeva uno sfratto per morosità. Il padre, Hammani Rashid, trent'anni, per motivi di salute è stato costretto a lasciare il lavoro e non ha più pagato l'affitto. «E' una situazione di emergenza di fronte alla quale ci si doveva attivare. Non potevamo permettere che due bimbi piccoli finissero sulla strada», ha sottolineato Nirou. Così, dopo un lungo colloquio con i proprietari della casa, è stato raggiunto un compromesso per un breve rinvio dello sfratto. «Dispiace che all'appuntamento non siano stati presenti rappresentanti dei Servizi sociali del Comune - ha aggiunto Nirou - Speriamo che l'assessorato agli Interventi sociali riesca a trovare un alloggio temporaneo».
Nella sede Rdb-Cub di via Del Grande (sotto lo stadio "Menti") è stato allestito uno sportello che fornisce informazioni gratuite su materie quali migranti, sfratti, casa. E' aperto ogni martedì dalle 15.30 alle 18. Telefono 0444.514937, e-mail: sportellocasaÌinventati.org.

Lavoratori migranti

Vicenza - Oggi a con inizio alle 17 nel piazzale della stazione di Vicenza,si terrà un manifestazione "Per la libertà dei richiedenti asilo", organizzato dal Tavolo migranti dei social forum italiani, Tavolo migranti dei social forum del vicentino, CGIL-Vicenza CUB, Coordinamento immigrati CGIL, Partito dei Comunisti Italiani, Cobas migranti, Palermo Movimento immigrati e richiedenti asilo, Caserta Sincobas migranti, Livorno Coordinamento migranti Bologna, Gruppo immigrazione del Brescia social forum, Sincobas Giovani comunisti - Mantova, Mantova antagonista, Tavolo migranti del Torino social forum USI, Lavoratori e lavoratrici anarchici.

1 luglio 2005 - Il Gazzettino

Vicenza - Sfratti
di Roberto Cervellin

Vicenza - L'Ufficiale giudiziario si presenterà alle 8 di oggi, venerdì 1 luglio. Ad attenderlo, in via Galizzi 38, non solo una famiglia straniera su cui pende lo sfratto per morosità, ma anche esponenti delle Rappresentanze sindacali di base (Rdb-Cub), del Coordinamento stranieri e del gruppo "Invisibili" dei centri sociali che bloccheranno pacificamente lo sfratto esecutivo.Accadrà davanti all'abitazione di una famiglia di tunisini con due figli a carico, nel quartiere di Parco Città. Un famiglia, spiega Moreza Nirou del Coordinamento stranieri, con gravi problemi economici legati al precario stato di salute del marito: «Non sta bene ed è stato licenziato. Quindi non ha più potuto pagare l'affitto». Di qui il sit-in di protesta per chiedere la proroga dello sfratto in modo che nel frattempo si trovi un'altra sistemazione per la famiglia di immigrati. «Purtroppo siamo venuti a conoscenza del caso solo pochi giorni fa e non abbiamo potuto muoverci per tempo. Abbiamo chiesto al Comune un'accoglienza di emergenza in qualche struttura».
Non è la prima volta che Rdb-Cub, stranieri e "Invisibili" inscenano quelle che chiamano "azioni di resistenza passiva". Poco più di un mese fa la stessa iniziativa fu promossa in corso Santi Felice e Fortunato per difendere una famiglia egiziana sfrattata. Ora per questa è stata trovata una nuova casa. «Non siamo così ingenui da credere che le contestazioni siano la soluzione del problema, ma uno strumento in grado di creare un dibattito serio», osserva Nirou. Obiettivo è dunque quello di sensibilizzare l'opinione pubblica a un problema che, conclude, non riguarda solo gli stranieri ma anche i cittadini italiani. Dal 1999 al 2003 a Vicenza gli sfratti sono più che raddoppiati. Cinque anni fa quelli convalidati furono 69, saliti a 154 nel 2003.

1 luglio 2005 - La Provincia

L'appello delle associazioni
«Straniero uguale criminale, un'equazione che non ci piace»

(s.bar.) "Equazione straniero-delinquente: io non ci sto!". E' la presa di posizione dell'Agenzia per la pace, un'associazione che sottolinea come «a seguito di alcuni gravi episodi di criminalità è scattata in grande stile una vera e propria caccia all'immigrato». Negli ultimi giorni, infatti, «gli immigrati sono accusati di essere la causa prima di un forte aumento della criminalità, di mettere a repentaglio la sicurezza dei cittadini italiani e, soprattutto, di essere protagonisti di stupri e omicidi». In questo clima di «linciaggio degli stranieri» i sottoscrittori della lettera aperta invitano la comunità provinciale a respingere l'equazione straniero-stupratore «perché essa non ha alcun fondamento». Le statistiche dicono che gli stupratori abituali sono quasi tutti italiani, bianchi e in grande maggioranza parenti o amici o fidanzati delle vittime. Negli episodi che sono stati presi a pretesto per l'apertura di questa nuova campagna xenofoba la notizia sta nella rarità dell'evento, non certo nella sua frequenza. E' del tutto infondata l'equazione «immigrazione uguale maggiore delinquenza. Il rapporto Annuale Caritas evidenzia come l'incidenza statistica dei reati commessi dagli immigrati non è superiore a quella degli italiani, cioè se su cento italiani ce ne sono 5 che commettono reati, su cento immigrati ve ne sono approssimativamente altrettanti». I primi firmatari sono Agenzia per la Pace, Cisl, Cgil, Arci, Auser, La Bottega della Solidarietà, Rifondazione Comunista, Ds, Rdb, Osservatorio sulla Precarietà, Giovani Comunisti e i consiglieri comunali Enzo Orsingher, Carlo Ruina, Matteo Russo, Dante Tentori, Enrico Bongiolatti, Pierluigi Passerini, Nicola Copes, e Simone Bertolino. L'appello è aperto ad altre adesioni che possono essere comunicate all'Agenzia per la pace

1 luglio 2005 - Carta

Roma. Appello per la chiusura del Cpt di Ponte Galeria
APPELLO PER LA COSTITUZIONE DI UN FORUM CITTADINO
PER LA CHIUSURA DI PONTE GALERIA

La legge 40 del '98, che ha istituito i centri di permanenza temporanea in Italia, ha prodotto una aberrazione giuridica non più tollerabile. I CPT sono (non) luoghi interdetti alla società civile e utilizzati ai fini della detenzione "amministrativa" dei cittadini stranieri presenti in maniera irregolare sul territorio italiano prima di procedere alla loro espulsione coattiva. E' palese il contrasto con i principi sanciti dalla Costituzione, l'esistenza di questi centri dove rinchiudere persone responsabili di una violazione amministrativa che non può essere sanzionata con la privazione della libertà personale (art. 13 Costituzione italiana) e perchè questa violazione riguarda i soli cittadini stranieri, producendo una discriminazione degli stessi rispetto alla popolazione autoctona(art. 3 Cost. ital.).
Con l'entrata in vigore, lo scorso 21 aprile, del decreto di attuazione delle norme di modifica del T.U. 286/98 relative alla procedura di richiesta dello status di rifugiato è prevista inoltre, la creazione di centri di identificazione per richiedenti asilo contigui fisicamente ai CpT e di fatto coincidenti con questi ultimi. Insomma, per i richiedenti asilo, cioè potenziali rifugiati, si apprestano ulteriori misure repressive invece di offrire loro protezione per quello che hanno già subito nei paesi da cui scappano.
Non a caso nelle ultime settimane si susseguono le denunce e condanne di Acnur, Medici senza frontiere, Onu, consiglio d'Europa, parlamento europeo e Amnesty International contro il governo italiano, in relazione ai modi con cui questo risponde alle migliaia di persone che giungono nel nostro paese per sfuggire alle persecuzioni e violazioni dei diritti umani nei paesi d'origine. La "democratica repubblica italiana", in palese contraddizione alle convenzioni internazionali e al suo stesso dettato costituzionale, ha consentito espulsioni di massa verso paesi non sicuri, valutazioni collettive delle richieste d'asilo omettendo l'esame di ciascuna domanda come previsto dalla convenzione di Ginevra. La stragrande maggioranza dei richiedenti asilo è segregata nei lager-pstmoderni, chiamati, eufemisticamente, centri di identificazione.
Alla luce di quanto sopraesposto e alle porte del Forum contro i Cpt che si svolgerà l'11 luglio a Bari (promosso dal presidente pugliese Nichi Vendola e a cui hanno aderito altri 14 presidenti di regione, Magistartura democratica e Asgi - associazione studi giuridici sull'immigrazione-), alcune realtà di movimento, partiti politici ed associazioni romane, quali Sportello Migranti De Lollis, Action, Esc, Astra, c.s. La Strada, c.s. Corto Circuito, Rdb Cub, Associazione Senza-confine, Arci Roma, Lunaria, Progetto diritti, Rifondazione Comunista, Verdi, Comunisti Italiani, si sono costituiti in Forum per la chiusura immediata del più grande CPT/centro di identificazione d'Italia, Ponte Galeria, invitando tutte le associazioni, realtà di movimento partiti e cittadini interessati ad aderire. Questo comitato promotore, i cui partecipanti da anni si battono contro la vigente legislazione antiimmigrati, ritiene doveroso avviare una battaglia dal basso, e quanto più ampia e partecipata possibile, per:
- l'eliminazione di queste vergognose strutture di detenzione per cittadini stranieri, richiedenti asilo e migranti presenti irregolarmente sul territorio
- una nuova legislazione sull'immigrazione che superi l'attuale meccanismo di regolazione dei flussi migratori inefficace sia in relazione alle esigenze del mercato del lavoro che al contrasto dell'azione di organizzazioni dedite al traffico di esseri umani.
- una nuova politica migratoria rispettosa dei diritti e della dignità delle persone indipendentemente dalla loro nazionalità
- riaprire una campagna, da coordinare a livello nazionale, che tenga conto di quanto è già stato fatto sul terreno della mobilitazione anti cpt che riporti al centro del dibattito politico questi temi e la necessità di sospendere quasisi provvedimento giudiziario a carico di chi in è sotto processo per reati connessi alle lotte contro la bossi-fini
MANIFESTAZIONE AL CENTRO PONTE GALERIA MARTEDI 5 LUGLIO ORE 11.00
PROMUOVONO : Sportello Migranti De Lollis, Action, Esc, Astra, c.s. La Strada, c.s. Corto Circuito, Rdb Cub, Associazione Senza-confine, Arci Roma, Lunaria, Progetto diritti, Rifondazione Comunista, Verdi, Comunisti Italiani, On. Giovanni Russo Spena, On. Paolo Cento, On. Gianfranco Pagliarulo, On. Francesco Martone, Consigleri regionali Anna Pizzo, Peppe Mariani, Consiglieri comunali Patrizia Sentinelli, Nunzio D'Erme, Sandro Medici Presidente X municipio, Fabio Galati Assessore X municipio, Massimiliano Smeriglio Presidente XI municipio, Gianluca Peciola Assessore XI municipio, Luciano Ummarino Cosigliere XI municipio, Rino Fabiano Consigliere III municipio, Paolo Di Vetta delegato casa III municipio.

21 giugno 2005 - Caserta24ore

Sospesa l'espulsione di Jihad Mohammed Issa

Sospesa l'espulsione di Jihad Mohammed Issa, ma deve rimanere a Ponte Galeria. Presentata la richiesta di asilo politico. Il giudice di pace ha sospeso l'espulsione di Jihad Mohammad Issa in attesa del pronunciamento del tribunale ordinario, previsto per il prossimo 7 luglio, ma ha disposto che rimanga trattenuto nel CPT romano di Ponte Galeria, dove è stato rinchiuso dopo aver scontato 20 anni di carcere nel nostro Paese. L'avvocato di Jihad, Maria Luisa D'Addabbo, è stata molto critica sulla decisione del giudice di pace, rilevando che comunque il problema resta la legge Bossi - Fini, che mantiene aperta la possibilità che il palestinese possa ancora essere espulso verso Paesi dove la sua stessa vita sarebbe a rischio, nonostante si trovi in Italia da vent'anni, abbia un lavoro e una residenza e non abbia mai mostrato di essere un pericolo per la nostra società. Per tutti questi motivi, è stata presentata la richiesta di asilo politico e verrà inviato un ricorso alla corte europea per i diritti umani di Strasburgo. Le associazioni, i comitati di solidarietà con il popolo palestinese, le associazioni per la difesa dei diritti umani e dei migranti, gli amici ed i colleghi di Jihad e tutti coloro e tutti coloro che si stanno impegnando contro la sua espulsione dall'Italia ritengono che questo primo livello di mobilitazione democratica abbia scongiurato il pericolo di un'espulsione alla chetichella, ma che sia indispensabile portare la vicenda di Jihad a conoscenza di un numero ancora maggiore di persone e costruire, da qui al 7 luglio, iniziative ovunque sia possibile. Per ora, rendiamo noto un elenco parziale delle adesioni all'appello contro l'epulsione di Jihad, ricordando che la sottoscrizione delle firme continua all'indirizzo: forumpalestina@libero.it. Fra le adesioni, segnaliamo quelle di: Luisa Morgantini (Europarlamentare indipendente), Paolo Cento (deputato dei Verdi), Mauro Bulgarelli (deputato dei Verdi), Ramon Mantovani (deputato del PRC), Luciano Pettinari (deputato DS), Giovanni Russo Spena (deputato del PRC), Luigi Malabarba (Senatore del PRC), Fioriello Cortiana (senatore-verdi), Adriana Spera (Consigliera comunale di Roma del PRC), Nunzio D'Erme (Consigliere comunale di Roma, indipendente), Raniero La Valle, Ettore Masina (già Presidente del comitato per i diritti umani della Camera dei Deputati), Giorgio Cremaschi, Falco Accame, PdCI dipartimento Esteri, Nacera Benali (Il Messaggero, El Watan), la redazione politica editoriale di Radio Onda Rossa, Marco Santopadre, Mila Pernice, Radio Namir, Maurizio Musolino (La Rinascita), I Radiodervish, Carta, Coordinamento di solidarietà con l'Intifada, Area Antagonista (Napoli), Movimento Antagonista (Toscana), CSOA Officina 99, CSOA Terra Terra, Laboratorio Occupato Ska, Forum Palestina, Comitato "Con la Palestina nel cuore" (Roma), Coordinamento napoletano di sostegno all'Intifada, Collettivo Antagonista Primavalle (Roma), Comitato pugliese di solidarietà con la Palestina, Comitato di quartiere per l'autorganizzazione sociale (Taranto), Studenti radioattivi (Roma), Radio Città Aperta, Radio Ciroma (Cosenza), Federazione delle Rappresentanze di Base, Comitato Donne RdB, Circolo ARCI Agorà (Pisa), Coordinamento toscano di solidarietà con la Palestina, CPA Firenze sud, Collettivo politico di Scienze politiche (Firenze), Mariano Mingarelli (Presidente dell'Associazione di amicizia italo-palestinese), Alessandro Aruffo, Fulvio Grimaldi, Bianca Maria Scarcia, Wasim Dahmash, Fabio Marcelli (associazione giuristi democratici), c.s.o.a. SPARO (Palermo), arabmonitor.info, Coordinamento Milano-Palestina, UDAP, medioriente.net - laboratorio autogestito di comunicazione sul Medioriente e Mediterraneo, Bruno Steri (Dipartimento Esteri del PRC), Francesco Andreini (Capogruppo PRC del Comune di Siena), Associazione 100 idee per la pace, Fabio Nobile (Coordinatore segreteria romana del PdCI), CSA Asilo Politico (Salerno), Giuseppina Bonuccelli (Pisa), Gualtiero Via (Rete Lilliput Bologna), Marco Mais, Corrado Mercuriali, Associazione Enzimi di pace, Miriam Pellegrini Ferri, Marie-Claude Jacquet, Comitato "Per non dimenticare Chatila", Paola Peraro, Marco Paquini, Pier Luigi Barberini, Cesira Taranto, Lia Barberini, Simona Barberini, Donatella Sacconi, Alberto Orlandi, Simone Carella, Romana Sturz, Maurizio De Pillis, Luisa Tremonti, Roberto Antimi, Paola Febbraio, Roberto De Angelis, Vittorio Vitolo, Emiliano Vitolo, Ernesto Barberini, Annica Bolognini, Silvano Bolognini, Arianna Bertocci, Arianna Bolognini, Luca Galassi, Luigi Rigoni, Federica Tonin, Luigi Blasucci, Luigi Frassi, Ultimo Barberini, Fulvia Riannessi, Vittorio Carli, Alessio Carli, Matteo Carli, Angela Fruzzetti, Lorenza Erlicher, sezione Università e Ricerca "Bruno Pontecorvo PdCI" di Roma e Fgci Roma, gruppo universitario di studenti della Sapienza "Resistenza Universitaria", Paola Lori, Donne in Nero di Grosseto, Sancia Gaetani, Ippolita Gaetani, Romano Costa, Caterina Costa, Cristina Fuga, Franco Maurizi, Caterina Patti, Claudio Ortale, Francesco Confini, Andrea Genovali (presidente Associazione Puntocritico), Associazione L'Altra Lombardia SU LA TESTA, Gaetano Minardo e Titina Capotorto della Comunità di S.Paolo, Corrispondenze Metropolitane, Giuseppe Allevi (insegnante, Pavia), Juan Josè Allevi (studente, Pavia), Ramona Calderon (impiegata, Pavia), Irene Melis (Nuoro), Alidina Marchettini (Firenze), Fiamma Bianchi Bandinelli (Siena), Giancarla Ceppi, Associazione culturale Il Geranio, Giancarlo Costa, associazione culturale di volontariato TENDA PER LA PACE di Brindisi, Sara Michieletto, Delphine Regnauld, Federico Schiavi Laura Colini, Alessandro D'ambrosi (Verona), Donatella Massimilla (Centro Europeo Teatro e Carcere), Enrico Padovan (Sala Baganza - Parma), Gaetano Colantuono (Grumo Appula - Bari), c.s.a. Vittoria (Milano), collettivo NoBorder (Napoli), Francesca Schiavone (Bari), Agnese Ginocchio-cantautrice per la pace, Chiara Addis (Sassari), Fabrizio Guerra, Stefano Garroni, (Ricercatore CNR - Roma), Lucina Ferraria (Ricercatrice CNR - Roma), Michele Garroni (studente), Adriana Garroni (studente), Maria Pia De Luca (insegnante), Maurizio Franceschini (pensionato), Associazione la Villetta per Cuba, Adriana Sabbatini, Comitato promotore "Campagna contro l'art. 270 e contro tutti i reati associativi", Redazione "Senza Censura", Centro di Documentazione "Krupskaja" (Bologna), Enrica Gissi, Luca Veglianti, RdB/CUB Immigrati, Anna Rita Di Blasi, Giuseppina Tedde,Antonio Casolaro(Caserta), Giuseppe Zambon (Editore, scrittore), Adriana Chiaia (Scrittrice, traduttrice), Gian Luigi Nespoli (poeta, scrittore), Demetrio Morabito (Vice Sindaco Sesto San Giovanni), Rene' Terrasi (Responsbile Unione Inquilini Novara), Fabrizio Bencini, Fiorenzo Parziale (dottorando di ricerca in sociologia, univ. Federico II Napoli), Gennaro Varriale (Formia), Fausto Sorini (direzione nazionale PRC), Kiwan Kiwan (Ferrara) Roma, 20 giugno 2005